giacaleo
Tuttoslottista GT
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Inserito il - 15/11/2008 : 12:17:33
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Siamo alla seconda puntata del mio romanzo "Velocità all'alba" pubblicato a Trapani il 31 ottobre dello scorso anno.
PIERRE
Pierre ed io ci eravamo conosciuti in una tappa del mondiale del 1996, lui era il navigatore di un pilota di grido e di una squadra concorrente alla mia.
Allora il mio navigatore era un ragazzone di Brescia alto due metri, molto bravo, ma che in macchina ci andava davvero molto stretto e che costringeva ogni volta i meccanici a zavorrare il lato guida della macchina per equilibrarne il baricentro, dato che sono fisicamente di corporatura piuttosto minuta.
Un pomeriggio, durante il giorno di riposo tra la prima e la seconda parte del rally del Portogallo, vidi sul piazzale antistante l’albergo che ci ospitava, un ragazzo che armeggiava con una bici da corsa, come se avesse qualche difficoltà a farla funzionare bene. Io, che da ragazzo ne ero stato un grande appassionato, mi avvicinai con fare curioso, cominciando ad intavolare con lui una simpatica conversazione a base di rapporti, corone e freni.
Mi disse di chiamarsi, in un italiano con forti inflessioni di francese, Pierre e di venire da Ajaccio, in Corsica.
Era un isolano come me! … pensai; io dalla Sicilia, cioè dall’estremo sud dell’Italia, e lui dalla Corsica che sta alla Francia come la Sicilia sta all’Italia.
Facemmo subito amicizia e la sera, dopo una cena innaffiata da abbondante vino portoghese, decidemmo di andare, nonostante appartenessimo a due squadre avversarie, a visionare il percorso delle prove speciali del giorno dopo.
Prendemmo una vettura di servizio dell’albergo e, alla sola luce dei modestissimi fari di quella vetturetta, cominciammo a risalire i tornanti di quella montagna che da lì a poche ore ci avrebbe visto avversari. Dopo un paio di curve ebbi la sensazione che Pierre fosse stato da sempre il mio navigatore; le note erano esatte, perfette, immediate, e senza avere scritto nulla su carta, mentre con Gianni (così si chiamava il mio navigatore) ogni volta si litigava sulla consistenza delle curve che lui, data l’altezza, vedeva sempre molto meglio di me e quindi meno difficoltose.
Da quella sera ci tenemmo in contatto e , con la scusa del ciclismo, ci frequentavamo, facendo delle lunghe uscite in bici, durante le pause di ogni prova del mondiale; poi, alla fine del 1996, i dirigenti della mia squadra, non molto soddisfatti delle mie prestazioni di quell’anno, mi chiesero cosa sarebbe stato necessario per tentare di vincere il mondiale.
Conoscendo la suscettibilità degli uomini del sol levante, proprietari della scuderia giapponese di cui io ero il pilota titolare, mi guardai bene dal mettere in dubbio le doti della macchina; dissi loro che per essere sicuri di un’ottima e vincente prestazione per l’anno successivo, sarebbe stato il caso di affiancarmi un navigatore più esperto e feci subito il nome di Pierre
Mi ricordava tanto Nino, con quella voglia innata di perfezionismo e con la fissa di non lasciare nulla al caso; furono subito successi e per due anni consecutivi sfiorammo il mondiale per una manciata di punti, fino a quando, nel campionato del 2000, infilammo dieci successi su dodici, coronando il sogno di tutta la mia vita: essere sul gradino più alto, essere il numero uno.
Nonostante lo champagne e i tanti festeggiamenti ufficiali, in Italia e all’estero, nel periodo successivo alla conquista del mondiale, ogni sera, prima di chiudere gli occhi per la notte, in quel momento della giornata in cui il tempo sembra sospeso in un limbo di ricordi e a volte di rimpianti, pensavo spesso a ciò che mi ero lasciato alle spalle quindici anni fa.
E quella telefonata aveva inaspettatamente colmato quel vuoto che mi trascinavo da anni; mi sentivo come ripulito da qualcosa che aveva, nel mio io, offuscato quegli anni fatti di duro lavoro e finalmente di tanti successi.
Al telefono prima di salutarci dissi a Nino: “Vieni tu a prendermi in aeroporto, …. ma tu soltanto, ho parecchi anni di vita da raccontarti ……… e poi ho voglia di rivedere la città senza essere notato da nessuno”.
“Certo”, rispose, lui “non ti preoccupare, non dirò a nessuno del tuo arrivo….... Sarò una tomba !”.
Consultai la rubrica del telefonino e chiamai immediatamente George, Il mio procuratore, che, appena ebbe saputo cosa avessi intenzione di fare, saltò su tutte le furie. Cominciò a ricordarmi degli impegni presi: “Il 16 sai che dobbiamo essere a Montecarlo per i Caschi d’oro ? Lo sai vero ?”. Annuii , ma lui continuò: “Il 18 siamo in televisione alla Rai per quel servizio su di te e per l’intervista che devi rilasciare al TG….. mi sai dire come farai ad essere il 21 libero per fare questa stupidaggine ?”. “E poi non dirmi che lo fai gratis ….., ti prego ..”
Gli risposi per le rime: “Senti George devo proprio andare e non cercare di convincermi del contrario!”. “Perché ?”, mi fece dall’altro capo del telefono. “Debbo restituire qualcosa a qualcuno…”, “ O qualcosa a me stesso… non so, fa un po’ tu !”.
Rassegnato, George mi congedò dicendo: ”Mi raccomando, ci vediamo al Continental di Montecarlo il 15 sera, e non dimenticare lo smoking ! “. La solita raccomandazione che mi faceva sempre George e che si fa a chi come me scorda sempre di portare qualcosa prima di partire per qualunque posto.
Nei giorni successivi parlai con i responsabili della mia squadra, i quali, nonostante fossero dei giapponesi fatti tutti di un pezzo (attenzione io adoro i giapponesi in tutte le loro sfaccettature !), compresero subito il mio stato d’animo ed il mio coinvolgimento emotivo comunicandomi che, se avessi voluto, mi avrebbero affidato una macchina e buona parte del team mondiale. Mi riservai di accettare, ma, da quanto mi aveva anticipato Nino, sarei dovuto venire giù solo con il mio navigatore e che per la macchina avrebbe provveduto lui personalmente.
IL RITORNO
Pierre, come ogni volta, prima di una gara importante, cominciò a bersagliarmi di domande: “Hai messo in valigia la tuta, il sottocasco e i guanti ?”. “Si !”, borbottai. “E l’interfono con le batterie cariche ?”. “Ti ho detto che in valigia c’è tutto, non preoccuparti”, “e poi, dopotutto, non ci giochiamo mica il mondiale…… dai rilassati, vedrai che la Sicilia ti piacerà !” . “La gente è molto cordiale, si mangia da dio ed il mare è così verde e azzurro che in Corsica un mare così te lo sogni !”.
Il volo da Milano a Palermo, durato poco più di un ora e mezzo, era, forse per l’emozione, svanito in un battito di ciglia, impegnato per tutto il volo a tormentare Pierre con i miei ricordi siciliani.
All’arrivo, sceso dalla scaletta dell’aereo, intravidi da lontano un signore di mezza età che si sbracciava per farsi notare; aveva i capelli brizzolati ed una certa pancetta, ma il sorriso e il colpo d’occhio era quello…. era Nino.
Ci abbracciammo a lungo, e, dopo aver ritirato i bagagli, salimmo tutti e tre in macchina per fare quella odiosissima autostrada che da Punta Raisi porta a Trapani, che, nonostante sia lunga meno di un centinaio di chilometri, sembra non finire mai.
La campagna siciliana di fine novembre aveva un fascino tutto suo; a differenza delle valli del nord, qui tutto assumeva un aspetto quasi primaverile, il verde aveva sostituito l’erba secca di fine estate e i campi ben coltivati mettevano in evidenza quanto amore l’uomo del sud dà alla sua terra.
Questo amore io l’avevo dimenticato. Con Nino, in macchina, cominciammo a parlare a valanga con tantissimi “ti ricordi ….”, mentre Pierre sul sedile posteriore aveva pensato bene, stordito da tutto il nostro chiacchierare, di schiacciare un pisolino.
Arrivammo a Trapani all’imbrunire, e, per dire la verità, non la trovai molto cambiata; sì che le strade erano più pulite ed era tutto un pullulare di negozi, ma in definitiva la città aveva sempre quell’ aspetto insonnolito e tranquillo di un tempo.
Chiesi allora a Nino di portarmi alla “marina”, come noi chiamiamo con affetto il porto, e notai che invece era proprio lì che molto era cambiato. Tutto era nuovo e portato a lucido; strade larghe nuova illuminazione e tanta pulizia.
Arrivati all’officina di Nino svegliai Pierre, scendemmo dall’auto e, imboccato il vialetto che porta alla rimessa, Nino azionò l’automatismo della saracinesca.
Appena alzata subito uno scrosciare di applausi e di trombe da stadio; mi avevano organizzato una festa a sorpresa !
Subito su un lato notai un tavolo stracolmo di tutti i tipi di dolci siciliani: cannoli, graffe, pesche alla ricotta, cassate siciliane, ed il mio dolce preferito, la torta paradiso, un dolce a base di pasta di mandorle.
C’erano veramente tutti, Salvatore e Giuseppe che con martello e cannello sapevano rimettere in sesto una macchina in due ore, poi Umberto e Franco, che di gomme ne sapevano una più del diavolo, ed infine la persona che meno di tutti mi sarei aspettato di trovare lì: Giovanni.
Io e Giovanni eravamo stati più che amici, quasi due fratelli, fin dalle medie, quando era nata la nostra passione per i motori.
Avevamo iniziato a fare i primi passi insieme con i Kart, e poi pian piano con le piccole R5; ci aveva sempre accomunato il miraggio che un giorno, insieme, saremmo diventati due grandi piloti.
Invece Giovanni era finito per diplomarsi, impiegarsi in banca, sposarsi ed avere due figli; non che sia sbagliato, è anche questo un bel traguardo, ma a Giovanni il sogno era stato per sempre chiuso in un cassetto.
Non mi aveva mai perdonato, all’inizio della mia avventura, di averlo abbandonato al suo destino preferendo Nino come socio della mia prima scuderia.
Lo vidi avvicinarsi a me, mi strinse la mano, e mi disse: “Sai Elio devo dirti una cosa…. ormai sono passati tanti anni.. e non ci crederai …. ho sempre preso le tue difese ogni qualvolta una tua gara andava male !” , “il mio cuore correva con te…. devi credermi.” Detto ciò non potei trattenermi e ci abbracciammo come sul podio dopo una vittoria, stavo ritrovando ciò che mi era mancato in tutti questi anni. Mi parlò del suo lavoro di sua moglie e dei suoi due figli, di cui il maggiore, dell’età di dieci anni, stava iniziando a correre con i Kart.
Mi disse: “Sai Andrea, …. così si chiama il maggiore dei miei figli, ha una grandissima ammirazione per te e, da quando ha saputo che sono tuo amico, mi ha tormentato per un intera settimana …… vuole conoscerti ….. sai da grande vuole fare il pilota !”.
Gli risposi: “E tu sei d’accordo ?”.
“Certo, con un genitore appassionato come me, perfino amico di un campione del mondo, come vuoi che non gli dia questa possibilità ! ……. e poi, se son rose fioriranno!”.
Nino intanto, con fare sospetto, fece spostare tutti gli amici su due lati dell’autorimessa scoprendo al centro qualcosa coperta da un grande telone. Capii subito che sotto c’era una macchina, ma tutto potevo immaginare fuorché la sorpresa che Nino mi aveva preparato. “Elio, c’è costato tanto tempo e tanta pazienza trovare i pezzi originali, ma per te ce l’abbiamo fatta !”. Scoprì il telone e là sotto c’era lei, la “mia” Porsche, proprio quella Porsche che , in barba a tutti, aveva vinto quella gara al “Ciocco”…… l’inizio di tutto!
E’ inutile dire che scoppiai in lacrime, cominciando a ringraziare tutti , ma Nino continuò a sorprendermi: “Elio vedi che, oltre a verniciarla con gli stessi colori di allora, funziona davvero ed è con questa che parteciperai alla manifestazione in tuo onore !” . Intanto Pierre, un po’ in disparte, con le mani sporche di ricotta e con la bocca piena, mi si avvicinò dicendomi sottovoce: “Dovremmo fare la gara con questo vecchiume ? ……dai non scherzare !” , “non reggerà neanche tre curve”.
Nino, che aveva intuito subito quanto andava dicendo Pierre, si avvicinò, e con sguardo di sfida gli disse: ”Vedi che Elio questa macchina può portarla anche all’Acropoli ( gara massacrante tutta su pietraie in Grecia) con una mano legata dietro la schiena !!”.
Pierre allora scoppiò in una fragorosa risata, risata a cui anche Nino si associò: era nata una nuova amicizia.
Poi Nino, finita la festa, mi chiamò nel suo ufficio insieme a Pierre per pianificare il programma di quei giorni e della gara appositamente organizzata per il mio ritorno a Trapani. Mi riferì che la mattina seguente avremmo dovuto incontrare il Sindaco e tutte le autorità locali, e poi, successivamente , fare una capatina alla televisione locale e infine, nel pomeriggio, avremmo visionato il percorso e provato la macchina.
Per la gara disse che sarei partito per ultimo dopo tutti gli altri piloti, e che avrei avuto un paio di minuti in più di distacco dalla macchina partita prima di me, per dare maggiore enfasi alla mia performance.
A mercoledì prossimo per la 3^ puntata.
Ciao da Giacaleo.
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Dapprima Dio creò l'acciaio...... poi creò la plastica ......poi ci ripensò: meglio l'acciaio !!!!!!!!!! |
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