giacaleo
Tuttoslottista GT
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Inserito il - 19/11/2008 : 12:09:24
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Ci rivediamo dopo tre giorni per la pubblicazione della 3^ puntata del mio romanzo "Velocità all'alba" che parla del ritorno nella sua città natale di un Campione di Rally che ha conquistato da poco il titolo mondiale.......
Buona lettura..
Sfiniti, io e Pierre andammo in albergo, quando, appena scesi dalla macchina, vidi venirmi incontro un uomo dall’apparente età di 50 anni, accompagnato da una giovane donna con un bambino che li seguiva poco lontano. Man mano che si avvicinavano riconoscevo a tratti i lineamenti dell’uomo, quando finalmente, a pochi passi da me, riconobbi mio fratello Sandro !
Mi aspettavo da lui una scena madre considerando che non ero andato al suo matrimonio, non avevo mai conosciuto sua moglie, tanto meno il figlio che doveva avere si e no dieci anni o quasi.
“Elio ! Torni dopo quindici anni e devo essere io a cercarti…….. Beh… Perché non abbracci il tuo fratellone !”. Ci stringemmo con un abbraccio lungo ed affettuoso, dopodichè mi presentò sua moglie Laura, una bella biondina dal fisico esile e con due profondissimi occhi azzurri.
“Salve !”. Mi disse stringendomi la mano: “Io sono Laura, devo dire che di presenza sei diverso che in televisione, sei più alto di quanto mi dice sempre tuo fratello” .
Questa era la più comune delle affermazioni che mi facevano ogni qualvolta incontravo un mio fan o un qualsiasi ammiratore, comunque mi lusingava parecchio. Entrati nella hall dell’hotel ci accomodammo al bar, non prima di aver mandato a nanna Pierre, parecchio stanco e per nulla abituato all’accoglienza sicula. Sandro, come un bambino davanti alla vetrina di un negozio di giocattoli, cominciò a chiedermi di tutto: delle squadre, delle macchine e di tutte quelle persone del mondo dei motori che avevo conosciuto in questi ultimi anni. Intanto, mentre colloquiavo con mio fratello, notai nello sguardo di Laura qualcosa di triste, che divenne angoscia quanto disse a suo marito: ”Perché non gli dici di quella cosa ?”.
“Cosa …. ? Chi ….?”, domandai con apprensione. “Sai nostra madre in questi ultimi mesi non è stata molto bene… noi non volevamo turbarti , stavi per vincere il titolo mondiale….”. “Perché cos’ ha la mamma ?”, domandai, “ci siamo sentiti a telefono circa quattro settimane fa e mi sembrava che tutto fosse normale”.
E fu allora che Sandro mi raccontò dell’insufficienza cardiaca che aveva colpito nostra madre e che era stata lei stessa a vietargli di accennarmi qualcosa; non voleva assolutamente che la sua vita privata influisse sulla mia carriera, che, finalmente, stava per raggiungere il punto più alto.
Comunque mi rassicurò dicendomi che in fondo erano tante le persone che vivevano serenamente con un “pace-maker”, e che ora nostra madre stava bene e si era ripresa con rapidità. Affermazione a cui non potevo non credere perchè fatta da mio fratello che, per l’appunto, fa il medico di professione.
Comunque la chiamai subito al telefono nonostante l’ora.
“Ma’, mi è venuto a trovare Sandro ….. tu sai che sarei venuto a trovarti domattina….. ma tu come stai ?”. Con voce tranquilla ma decisa mi rispose: ” Te lo ha detto … vero ?. Avevo detto a Sandro che sarei stata io stessa domani a raccontarti tutto”. “Comunque stai tranquillo…. vedrai domani come sono in forma !” , “ e poi non volevo rovinarti la festa … i tuoi amici ci tenevano tanto a farti quella sorpresa !”.
Mi bastavano quelle poche parole per capire quanto per mia madre avesse significato la mia carriera; vedere un figlio che a vent’anni ti lascia per fare come mestiere qualcosa di così pericoloso come il pilota, e che ai più, in fondo, può sembrare un gioco e non un lavoro vero e proprio.
Ma lei mi conosceva bene e sapeva che avrei fatto di tutto per arrivare al massimo, mi diceva che ero cocciuto come uno “scecco di Pantelleria” e che avrei fatto di tutto per diventare il numero uno, anche se era preoccupata per la pericolosità di questa professione.
Mi venne allora in mente di quando un paio di anni fa, all’ultima prova speciale del rally di Svezia, alla fine di un salto in mezzo alla foresta scandinava, atterrai scoppiando una gomma.
La macchina, come impazzita, cominciò a fare un numero imprecisato di piroette tra terreno e boscaglia, mentre io e Pierre, legati alla gabbia di sicurezza dell’auto, aspettavamo che tutto finisse. Alla fine, capovolti sul tetto, gli assistenti alla sicurezza ci tirarono fuori: sul momento non sentii nulla, ma dopo pochi minuti avvertii una dolorosissima fitta al costato. Mi ero fratturato tre costole, e quindi campionato finito.
Unica consolazione fu il fatto che quella era la penultima corsa di campionato e che i giochi ormai erano fatti; per me, a quel punto, sarebbe stato impossibile recuperare il distacco dal leader del campionato.
La scena dell’incidente, dalla visuale dell’elicottero che ci stava trasportando al centro medico, era raccapricciante: cofano, frontale e sportello destro erano stati sbalzati a 50 metri dal punto dell’incidente, mentre un paio di sospensioni erano sparse a pezzi nei pressi della macchina; per non parlare del resto che somigliava più ad una scultura d’avanguardia che ad un’ auto da corsa.
E fu lì che pensai: “….Chissà se in Italia arriveranno le riprese dell’incidente !”. Immaginai subito infatti che impatto potesse avere su mia madre, e, arrivati al centro di controllo medico, chiesi subito del responsabile della trasmissione delle immagini video della gara.
Purtroppo i medici, e soprattutto quelli scandinavi che sono ben noti per la loro irreprensibilità, mentre mi visitavano, non vollero proprio saperne nulla di incontri con terze persone: “Qui dobbiamo fare il nostro lavoro, e lei faccia il paziente e non la prima donna !!”. A questo punto, dopo questo quasi rimprovero, mi rassegnai e mi affidai alla speranza che le immagini del capottamento non ci fossero affatto; già altre volte per stupidi incidenti di poco conto mia madre mi aveva tempestato di telefonate e stavolta non volevo neanche immaginare lontanamente quale sarebbe stata la sua reazione alla vista di questo terrificante incidente.
Infatti quella notte stessa, nella stanza d’ospedale , squillò il telefono …. era lei, che , con voce spezzata dall’emozione, esordì chiedendomi subito delle mie condizioni, e che (per mia fortuna) non aveva visto l’incidente in TV perchè in quella parte del circuito non erano state dislocate telecamere. “Stai tranquilla , ho solo qualche ammaccatura, vedrai che tra un paio di settimane sarò di nuovo in piedi !”.
Doveva esserci stato qualcosa nel tono della mia voce che non l’aveva convinta, tanto che, dopo un paio di giorni, la vidi spuntare in ospedale a Stoccolma, lei che non aveva preso un aereo in vita sua !
Era già parecchio tardi e , dopo aver salutato mio fratello e mia cognata e firmato una decina di autografi, salii finalmente in camera: Pierre dormiva come un angioletto ed anch’io abbastanza stanco mi infilai a letto, anche se assalito da una strana insonnia.
Passai col pensiero in rapida sequenza questi ultimi quindici anni della mia vita che, a parte quella agonistica, avevo vissuto tra alberghi, aerei, motor-home e mini appartamenti messi a disposizione dalle squadre per cui avevo corso in questi anni.
Mi ero reso conto che in questo periodo della mia vita non avevo mai avuto una vera e propria casa, una vera e propria donna e, a parte Pierre, un vero e proprio amico. Questa malinconica sensazione mi pervadeva e cercavo di ricordare i volti di quelle persone che conoscevo a Trapani prima della mia partenza, come pure i nomi ed il volto di quelle ragazze che avevo frequentato, e che forse avrei dovuto conoscere un po’ meglio. Ma la paura che un rapporto troppo impegnativo mi avesse legato per sempre a questa terra, impedendomi di diventare ciò che avrei da sempre voluto essere, mi aveva sempre fatto fare un passo indietro.
Negli anni successivi avevo conosciuto qualche ragazza, ma erano di quelle ragazze che girano nel mondo dei motori: niente impegni, sempre in giro a fare qualche strano mestiere (hostess, modella etc.), ed ero finito per concentrarmi solo sul mio lavoro, correre al massimo su una macchina da rally.
Finalmente, sfinito persino dai miei pensieri, mi addormentai.
PRIMO GIORNO
Ci svegliammo con calma alle sei del mattino, e, dopo una veloce doccia, scendemmo giù a fare colazione. La notizia del nostro arrivo a Trapani, a quanto pare, si era sparsa a macchia d’olio, e la hall dell’albergo era già piena di fans e giornalisti.
Chiesi allora al direttore dell’hotel se fosse possibile fare colazione in una saletta più appartata, e che poi avremmo concesso ad un paio di giornalisti di intervistarci, anche se ero ben consapevole che Nino ci avrebbe prelevato dall’albergo alle dieci esatte, come da programma.
Finito di fare colazione, infatti, incontrammo alcuni giornalisti locali che ci fecero in fondo le domande di sempre e che aspettavo ci facessero: “Cosa si provava ad essere campione del mondo, a chi dovessi qualcosa per i miei successi, cosa pensavo dei miei avversari e delle squadre concorrenti”, domande ormai a me formulate tante volte con risposte quasi sempre uguali, fin quando dal gruppo di giornalisti vidi emergere una giornalista dai capelli di un colore nero intenso e lucido, occhi verdi penetranti, in pratica una di quelle ragazze che ti fanno perdere il fiato al primo sguardo.
“Prego signorina mi faccia la domanda.” le proferì. “Signor Lazzari… cosa lo ha spinto a … “, ma la interruppi subito dicendole: “Mi chiami pure Elio… mi sento più a mio agio a rispondere alle sue domande.”
“Elio ….. cosa lo ha aiutato maggiormente della propria personalità e delle sue radici a raggiungere questo traguardo, oltre alla passione per le auto da corsa ?”.
Pensai immediatamente che quella era la prima vera domanda interessante che un giornalista mi avesse fatto negli ultimi anni: cosa voleva veramente da me sapere quella donna, che tutti i giornali fino ad adesso non avessero gia detto e ridetto ?
“Deve essere stato qualcosa legato alla mia terra, sa noi siciliani abbiamo dentro qualcosa che ci portiamo dietro per tutta la vita, come una voglia di riscatto per qualcosa sempre negata e che sta cucita sulla nostra pelle !”.
A quella risposta Pierre mi guardò un po’ strano e mi disse sottovoce: “Elio, ma ti senti bene ?”, “ti rendi conto di quello che stai dicendo? … Non ti sembra un po’ di esagerare ?”. Ma ormai mi ero perso in quegli occhi verdi, verdi come il mare di San Vito d’estate. Dopo questa estemporanea conferenza stampa, la ragazza si avvicinò chiedendomi se fosse stato possibile concederle un’ in-tervista esclusiva per un grosso servizio sul suo giornale.
E fu allora che ebbi una fantastica idea: le chiesi se le sarebbe piaciuto seguirci nel giro di incontri ufficiali che avrei dovuto sostenere quella mattina, dal quale avrebbe tratto, sicuramente, un ottimo servizio giornalistico.
Lei mi rispose entusiasta accettando l’invito, e all’arrivo di Nino, gliela presentai, anche se non ricordavo come si chiamasse: “ Nino ti presento ………” . “Cinzia”, aggiunse lei, “Cinzia Ingoglia dell’Eco di Trapani”, con piglio deciso. Notai subito quanto Nino fosse stato come me stordito dall’avvenenza di quella giovane giornalista.
“Cinzia verrà con noi oggi per il tour ufficiale che hai preparato, e se poi vorrà, potrà venire con noi sul percorso di gara ”. Nino mi fece subito un sorriso complice e avvicinatosi al mio orecchio mi disse sottovoce: ”Non te ne lasci scappare nemmeno una !...”
Il sindaco di Trapani, l’assessore allo sport, e altre personalità della città ci aspettavano nella sala del Comune più elegante e che veniva usata solo per le visite più importanti; entrando fummo accolti da un fragoroso applauso a cui lo stesso sindaco si associò. Dopo un amichevole scambio di saluti prese la parola: “….. e con un affettuoso ringraziamento ……. Che …… ecc.”
Mentre il sindaco faceva il suo discorso, era come se in quella sala fosse calato un velo di silenzio: ero stato travolto dal fascino di Cinzia e continuavo ad osservarla mentre si muoveva tra le personalità presenti; la seguivo con lo sguardo come in un ralenty.… non potevo non notare la sua bellezza ….. la sua era una bellezza tipicamente siciliana.
Alla fine del discorso il Sindaco aprì un astuccio di velluto rosso, nel cui interno spiccava il luccichio di una grossa chiave d’oro (forse non del tutto massiccio !) : “……. ed è per questi motivi che offro le chiavi della città al nostro concittadino Elio Lazzari per il lustro e l’immagine che ha dato e che continua a dare della nostra città nel mondo !”, e, porgendomi la chiave, mi strinse la mano tra un frastuono di applausi e di flash dei fotografi.
“Ringrazio tutti coloro che hanno creduto in me all’inizio di questa avventura, e tutti quanti in questi ultimi quindici anni hanno collaborato con me per arrivare ad essere campione del mondo”. “Ringrazio soprattutto il mio caro amico Nino Augugliaro per avermi aiutato a non sentirmi in colpa nella scelta del mio futuro, e a tutti i miei amici di Trapani per avermi sostenuto nei primi passi nel mondo delle competizioni…… grazie ed ancora grazie…”.
Seguì un altro lungo applauso e, dopo aver firmato il libro delle visite del Comune, io, Pierre, Cinzia e Nino ci avviammo alla macchina per la seconda tappa della giornata. Dissi, salendo in auto: “Nino, accompagnami da mia madre….., le ho promesso che sarei passato da lei dopo l’incontro con il sindaco.”
Nino annuì e , dopo aver attraversato la Via Fardella e imboccata la litoranea che porta a Pizzolungo, proseguì lungo la stradina che conduce fino a casa di mia madre.
Avevo comprato questa villetta da circa cinque anni apposta per lei. Mia madre adorava questo posto che, stretto tra la montagna ed il mare, le dava la possibilità di vivere vicino alla città, e nel contempo a contatto con la natura, che lei amava profondamente.
Mentre tutti e quattro ci avvicinavamo a piedi, la notai in giardino che armeggiava con i suoi fiori preferiti; alzò lo sguardo e mi fece un sorriso.
“Finalmente ci rivediamo, sono due anni che……..”, esordì lei.
A Sabato per la 4^ puntata.
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Dapprima Dio creò l'acciaio...... poi creò la plastica ......poi ci ripensò: meglio l'acciaio !!!!!!!!!! |
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