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 "Velocità all'alba" - 8^ Puntata

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V I S U A L I Z Z A    D I S C U S S I O N E
giacaleo Inserito il - 05/12/2008 : 12:52:10
Anticipo di un giorno l'uscita dell'8^ puntata del mio romanzo, perchè sabato sono in viaggio per il ponte dell'Immacolata.

Dopo il colpo di scena della 7^ puntata, l'azione si svolge in questa nuova realtà......... ma non voglio anticiparvi altro.


8^ Puntata




Ci guardò in viso come per scrutare le nostre reazioni, e notando il nostro turbamento aggiunse:
“Ho capito che entrambi avete qualcosa da nascondere ……comunque, non posso lasciarvi andare in giro, e poi vestiti in quel modo….. Vedrò di farvi avere dei vestiti decenti ”.

“Intanto sono costretto a sequestrarvi quella strana macchina con cui siete arrivati in città, e che si trova nell’atrio qui fuori”, ”Avete un posto dove alloggiare ?”, aggiunse.

Ammutolito, feci cenno di no col capo.

“Va bene ….. alloggerete nella foresteria della questura, ma fino a quando non avremmo chiarito tutta questa storia e, in qualunque caso, non potrete uscire da qui senza il mio permesso !”.

Il delegato, che a quanto pare era secondo solo al questore, dall’alto della sua autorità, ci aveva gettato nello sconforto più profondo; tutta la nostra vita, quella mia e di Pierre, era come se non fosse mai stata vissuta.
Per cause a noi sconosciute, eravamo stati proiettati indietro nel tempo di più di mezzo secolo, a vivere una nuova vita che non era la nostra.



Vidi Pierre, per la prima volta da quando ci eravamo conosciuti, disperarsi, ed io, nonostante avessi gli stessi motivi per farlo, mi misi lì a consolarlo:
“Dai Pierre non fare così! …… vedrai che un modo per rimettere tutto a posto lo troveremo !” , ….. purtroppo questa era solo una pietosa bugia.

Lo stesso impiegato in borghese, che ci aveva invitato ad attendere l’arrivo del delegato capo, ci accompagnò al piano di sopra, dove erano sistemati gli alloggi per i poliziotti non residenti, indicandoci di sistemarci nelle due ultime brande in fondo alla camerata.

Questa somigliava moltissimo alla camerata della mia caserma ai tempi del servizio di leva, solo che, anziché il ritratto dell’allora presidente Pertini, alle pareti c’erano appesi i ritratti di Mussolini e del Re Vittorio Emanuele III, l’uno di fianco all’altro.

Stendendoci sulle due brande indicateci, dissi a Pierre:
“Cerchiamo di riposarci un po’ e poi torniamo giù a parlare con quel tale Giuseppe Virgilio”.

Passato un quarto d’ora ci vennero incontro tre poliziotti: uno portava con sé dei vestiti, mentre gli altri due ci stavano portando due vassoi con delle vivande.

“Il delegato capo vi fa avere questi vestiti e, data l’ora, via manda un po’ di pasta e insalata che è rimasta dal rancio di mezzogiorno…… penso che sia il caso di mettere qualcosa sotto i denti, perché domani vi aspetta una dura giornata !”, fece il poliziotto più anziano.

Lasciarono tutto sui letti e andarono via.

Guardammo i due vassoi e dissi: “Che dici … mangiamo ?”.

“Io non ho fame, come penso neanche tu…… ma fai questo ragionamento con me: non abbiamo soldi, non conosciamo nessuno, e se vogliamo sopravvivere a tutto questo è il caso di accettare e mettere qualcosa sotto i denti, perché, se oggi ci danno da mangiare, non sappiamo se domani lo faranno ancora!”.

Pierre annuì, prese la forchetta, sollevò il piatto che ricopriva la pasta e cominciò a mangiare.

La pasta era condita con sugo di pomodoro, e, nonostante non fosse proprio caldissima, era veramente buona: era proprio il caso di dire…… come la salsa di una volta !

Finito di mangiare, demmo un occhiata ai vestiti che ci avevano fatto avere.
Erano due completi grigio scuro di lana, con camicia bianca e cravatta nera, e per dire la verità, davvero brutti.

Li provammo, lasciando però ai piedi le nostre scarpe da gara, di colore nero, evitando quindi di mettere quelle orribili scarpe che ci avevano portate.

Stavolta, veramente distrutti, ci spogliammo e ci addormentammo per un lungo sonno, con la speranza di svegliarci e scoprire che tutto ciò che ci era accaduto fosse stato solo un brutto sogno.

Ma un brutto sogno purtroppo……. non si fa in due !







LE VERITA’







Mi svegliai all’alba, prima di Pierre, e, aprendo gli occhi, vidi che c’erano parecchi agenti che dormivano negli altri letti della camerata. Feci subito mente locale e ricordai quanto mi fosse successo fino a ieri.

Scesi dalla branda e mi avviai verso l’uscita dell’enorme stanzone: mi fermò un agente, forse il piantone.
“Dove crede di andare ? Lo sa che abbiamo ordine di non farvi uscire dalla questura ?” mi disse.

“Guardi che non ho alcuna intenzione di andare in alcun luogo……. stavo cercando solo un po’ di caffè ”, gli replicai.

Il volto del piantone si fece più rilassato ed amichevole.
“Guardi, giri a destra nel corridoio e chieda dell’appuntato Salvatore Marchingiglio…. a quest’ora avrà sicuramente preparato almeno la terza caffettiera!” , “Ah, dimenticavo ! Il delegato capo vi aspetta nel suo ufficio alle otto e mezzo.”

Feci come mi disse, ed appena arrivato in fondo al corridoio entrai in un piccolo ufficio inondato da un intenso profumo di caffé.

Un anziano agente con la divisa sbottonata mi si avvicinò:
“Lei deve essere uno di quei due tipi strani arrivati in città ieri … gradite una tazza di caffé ?”.
“Grazie!”, gli risposi, “ne avevo proprio bisogno !.”

Presi in mano la tazzina che l’agente mi aveva porto: bevvi molto lentamente….. quel caffé mi stava davvero rinfrancando.
Gli dissi:
“Come vanno le cose in città in questi giorni?”, tanto per intavolare un discorso.

L’appuntato cominciò a raccontarmi che Trapani in quel periodo era proprio una città tranquilla e che di delinquenti in giro ce ne erano veramente pochi; era molto soddisfatto del fatto che il partito aveva dato molta tranquillità ai cittadini e che, nonostante ci fosse molta povertà, ognuno viveva con dignità la propria esistenza.

Chiesi: “Quale partito ?”.

“Il Partito Fascista naturalmente !”, mi rispose, facendomi ripiombare nell’incubo da cui per un istante mi ero allontanato.

Continuò: “Mussolini sta facendo le cose per bene per la nazione e per la Sicilia….…….”.

“Buono quello…..!”, gli replicai.

“Come si permette ! Non sarà lei uno di quei sovversivi del nord di cui si sente parlare ogni tanto anche da noi ?”, mi apostrofò l’appuntato.

“No assolutamente…..”, gli risposi, “Ma se lei sapesse ….”; lì mi fermai poiché il tono sibillino della mia affermazione aveva stimolato non poco la curiosità dell’anziano agente.

“Perché , lei cosa sa che noi non sappiamo ? Guardi che prima che arrivasse Lui, sia al nord che al sud era un vero e proprio sfacelo!”, continuò, “la disoccupazione, la fame e mancanza di ordine, erano una cosa normale, e ora vede: la gente lavora, mangia e la notte può dormire con le porte aperte ! Non è d’accordo con me ?”.

Per evitare di contrariarlo, gli dissi di si, e con lo sguardo soddisfatto mi porse un'altra tazza di caffé fumante:
“Questo lo porti a quel suo amico francese, ma stia attento che i francesi sono tutti dei sovversivi !”.

Mi allontanai, ridendo tra me e me, tornando nella camerata dove Pierre stava ancora dormendo; strattonandolo per una spalla lo svegliai:
“Ti ho portato del caffé caldo….. è già zuccherato”.

Pierre si sedette su bordo della branda, ed in silenzio sorseggiò il caffé: che strana cosa. Per anni era stato sempre lui a svegliarmi e a farmi rendere conto di non trovarmi più nel mondo dei sogni, e stavolta ero io a fargli da balia ! Doveva essere veramente dura per lui sostenere questa nuova, e fuori da ogni legge fisica, situazione in cui eravamo piombati.

Almeno io mi trovavo nella mia città, e volendo, con le dovute cautele, avrei potuto dimostrare di essere trapanese.
Ma, mentre giungevo a questa conclusione, mi balenò un terribile pensiero: io sapevo ciò che sarebbe successo da lì a pochi anni e nei futuri decenni. Sarebbe stato giusto tenere tutte per me quelle informazioni ? O la divulgazione di queste avrebbero provocato ripercussioni a catena sugli avvenimenti futuri ?.

Tenni per me queste considerazioni, contando di parlarne con Pierre più tardi. Intanto gli dissi:
“Sono le otto e il loro capo ci aspetta alle otto e mezzo nel suo ufficio”.
“Ok”, mi replicò, “prepariamoci e scendiamo ….ora sei tu il navigatore e devi indicarmi la strada e le risposte che devo dare”.

Ciò dicendo si rivestì, lasciando come me la tuta ripiegata ai piedi del letto, e ci avviammo al piano sottostante .

Scesi giù, notammo che la nostra macchina era stata collocata al centro del piazzale interno della questura, attorniata da decine di agenti intenti a curiosare. Un agente ci indicò di entrare in un ufficio che non era quello in cui eravamo stati il giorno prima, e ci accomodammo.

L’ufficio era molto grande e ben arredato, almeno per il livello dell’epoca, ed in fondo alla stanza c’era una grande scrivania a cui era seduto un anziano signore; ci venne incontro il delegato capo Virgilio e, rivolgendosi a lui con deferenza, gli disse: “Signor questore, questi sono i due signori che abbiamo fermato ieri in Via Fardella a bordo di quella strana macchina che sta qui nel piazzale”.

Il Questore ci fissò con attenzione in silenzio, e rivolgendosi al suo subalterno replicò:
“Non mi sembrano poi così strani, se non fosse per le generalità senza senso che sono contenute nel rapporto che lei mi ha presentato stamattina !”.

“Guardi signor questore che li ho fatti venire nel suo ufficio affinché sia lei personalmente ad interrogarli ”, aggiunse Virgilio.

“Allora ditemi come vi chiamate, cominciando da lei che …… ho l’impressione di conoscere …...”, rivolgendosi a me.

“Il mio nome è Elio Lazzari, sono nato a Trapani e, impossibile a credersi, sono nato il 7 gennaio del 1965 “, dissi con tono deciso.

Il questore mi squadrò dalla testa ai piedi, con lo sguardo di chi ne sa una più del diavolo.

“Senta, signor Lazzari, io capisco che lei voglia mantenere il riserbo su di se ed il suo amico, ma io ho il dovere di scoprire da dove venite ed il motivo della vostra presenza in città ……. quindi la prego di collaborare”, mi disse il questore.

Mentre lo ascoltavo, incrociai lo sguardo di Virgilio.
Sembrava mi esortasse ad essere più chiaro con il questore, quindi, con tono conciliante, gli feci una domanda:
“Se le dessi la prova di essere trapanese dandole delle informazioni inoppugnabili ?”.

“Questo sarebbe un buon inizio……. allora… Virgilio si occupi lei del caso, collabori con questi signori e vediamo di capirci qualcosa”, disse il questore.

Il delegato capo, ricevuti gli ordini dal suo diretto superiore, ci invitò ad uscire e a seguirlo nel suo ufficio, dove ci aspettava un anziano signore: entrati notai che indossava una tuta da meccanico.
Intuì subito che fosse stato convocato dal delegato a titolo di consulente tecnico per esaminare quella, per loro, strana macchina che era parcheggiata nell’atrio.

Entrando si alzò in piedi e ci salutò, “Buongiorno, sono il signor Sansica ….. sono a sua disposizione”, rivolgendosi al delegato di polizia.

“Il signor Lazzari dice di essere trapanese e di essere un pilota d’auto da corsa …. Lei ha mai sentito parlare di lui ?”, gli chiese Virgilio.

“Guardi signor delegato, io non sono molto addentrato nel mondo delle corse ma, entrando in questura stamattina, non ho potuto fare a meno di notare quella strana cosa parcheggiata nell’atrio, e devo dire che, oltre ad essere veramente strana, la trovo molto interessante …. Potrei vederla insieme a questi signori ?”, chiese il signor Sansica.

Il delegato accettò e fece cenno ad un suo subalterno di accompagnarci alla macchina.

Cominciò subito a chiederci le caratteristiche tecniche della nostra macchina, velocità finale, giri del motore, e ci chiese dove si trovassero i tamburi dei freni.

“Guardi che questa macchina non ha i freni a tamburo ma sono a disco…… alle quattro ruote, attaccati al mozzo ci sono due dischi d’acciaio forati che con la pressione della pompa vengono stretti tra due pastiglie di materiale frenante, ottenendo un potere frenante dieci volte superiore a quello dei freni a tamburo, e soprattutto con meno peso ! ”, risposi.

Il meccanico fu sorpreso dalla mia competenza, e mi chiese di aprire il cofano motore della mia Porsche. Alla visione di questo rimase a bocca aperta: ci chiese subito dove fossero i carburatori e lo spinterogeno, e rimase di sasso quando Pierre gli spiegò che il carburante entrava nel motore tramite un meccanismo di iniezione forzata e che la distribuzione era affidata ad una centralina elettronica in grado di adattarsi ai differenti regimi del motore.
“E quegli elmetti ?”, continuò a chiederci.
Gli risposi :
“Questi sono dei caschi di protezione di materiale antiurto che, in caso di collisione proteggono la testa del pilota: sono poi collegati tra loro da un sistema di comunicazione con cui posso parlare con il mio navigatore durante la gara”.

“Come un telefono !”, esclamò lui.

“Esatto …… come un telefono…. “, gli risposi.

Trascorremmo con lui una buona mezzora, quando il delegato capo ci riconvocò nel suo ufficio:
“Allora signor Sansica …. I signori, secondo lei, dicono il vero dicendoci di essere quello che dicono…. due piloti da corsa ?”.




beh........che ne pensate ?

Ciao da Giacaleo
1   U L T I M E    R I S P O S T E    (in alto le più recenti)
salvoabarth Inserito il - 05/12/2008 : 13:45:52
leo l'attesa e troppo lunga, scrivi 3 volte a settimana ,non vedo lora di leggere tutto il romanzo complimenti ancora

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