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Maicol
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Inserito il - 25/10/2020 : 14:21:56
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La morte ha colpito di nuovo il nostro mondo.
Purtroppo pagina 4 lettera f del Decreto del 24 ottobre 2020 ha fermato il nostro mondo.
Solo creando un'apposita associazione nazionale che agisca presso il C.O.N.I. per ottenere riconoscimento sportivo potremo, in futuro, per ogni evenienza ottenere un placet abbastanza protetto per poter continuare nella nostra attivita'.
Sensibilizzo tutti ad agire per sostenere questa tesi e ''avanzarci'' a livello nazionale e non come piccoli reazionari carbonari.
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Maicol
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Inserito il - 29/10/2020 : 23:11:29
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In attesa di riprendere le gare iniziamo una rassegna delle vettura in lizza al Campidoglio Racing Slot Club nel Campionato Gruppo 5.
Il Gruppo 5 era una classificazione redatta dalla FIA per le competizioni automobilistiche che fu applicata a quattro diverse categorie durante gli anni che vanno dal 1966 al 1982. In origine il regolamento di Gruppo 5 definiva la categoria delle Vetture Turismo Speciale (Special Touring Car), mentre dal 1970 al 1971 tale classificazione fu applicata alle Vetture Sport a tiratura limitata, con una cilindrata massima di 5.000 cm³. Questa categoria di vetture Sport fu ridefinita nel 1972 eliminando il numero minimo di esemplari prodotti e riducendo a 3.000 cm³ il limite per la cilindrata. A partire dal 1976 il Gruppo 5 definiva le Vetture di Produzione Speciale (Special Production Cars), una categoria di automobili da competizione di tipo Silhouette, basate su vetture omologate per la circolazione stradale. La 1ª generazione: Special Touring Cars (1966-1969)
Un'Alfa Romeo GTA 1600
Nel 1966 la FIA introdusse una nuova categorizzazione per le automobili da competizione, includendovi una categoria per vetture turismo fortemente modificate. Il regolamento permetteva di apportare modifiche più estese di quelle permesse dai regolamenti per le Vetture Turismo di Gruppo 1 e di Gruppo 2[1]. Il regolamento del Gruppo 5 fu adottato per il BTCC dal 1966[1] e per il Campionato Europeo Turismo dal 1968[2]. La categoria "Special Touring Cars" fu interrotta dopo la stagione 1969.
La 2ª generazione: Sports Cars (1970-1971)
Una Porsche 917 durante il Campionato Internazionale Marche 1970
Per la stagione 1970, la FIA ridefinì il Gruppo 5 riservandolo alle Vetture Sport precedentemente incluse nel Gruppo 4. Il numero minimo di esemplari prodotti rimase a 25 così come il limite di 5 litri alla cilindrata che caratterizzava il vecchio Gruppo 4. Le Vetture Sport parteciparono al Campionato Internazionale Marche organizzato dalla FIA nel 1969 (nel Gruppo 4), 1970 e 1971 (nel Gruppo 5), a fianco degli Sport prototipi del Gruppo 6. Durante il 1970 la FIA decise di rimpiazzare la categoria delle Vetture Sport Gruppo 5, al momento ancora vigente, alla fine della stagione agonistica 1971, senza rinnovare la validità del regolamento oltre il termine prestabilito. Nel 1970 notizia del cambio regolamentare fu un fulmine a ciel sereno: a questo punto le grosse e potenti Porsche 917 e Ferrari 512S non avrebbero più avuto un futuro agonistico. A sorpresa, la Ferrari reagì sospendendo ogni attività di sviluppo e supporto alla 512 per poter concentrare tutti i suoi sforzi per preparare la stagione 1972 con un prototipo spinto da un motore di 3 litri, la Ferrari 312PB. Molte 512 furono ancora portate in pista dai team privati e la maggior parte di esse furono convertite alla specifica "M". Questo repentino cambio di regolamenti ebbe l'effetto di far crollare la popolarità di questa specialità, che non si riprese fino al decennio successivo, con l'arrivo delle vetture del Gruppo C, che subirono la stessa sorte quando nel 1993 furono penalizzate a vantaggio degli sport prototipi dotati di motori 3.5 litri "aspirati" di derivazione Formula 1. Un "ricorso" storico.
La 3ª generazione: Sports Cars (1972-1975)
Una Ferrari 312 PB in una gara del Campionato Mondiale Marche 1972
Per la stagione 1972 la FIA classificò come Gruppo 5 quello che era conosciuto fino ad allora come Sport Prototipi di Gruppo 6 (Group 6 Prototype Sports Cars). A questo punto le vetture di Gruppo 5 avevano la cilindrata limitata a 3 litri, il peso minimo elevato a 650 kg e fu rimosso il numero minimo di esemplari da produrre, il tutto allo scopo di farne la classe regina delle competizioni del Campionato mondiale Marche dal 1972 al 1975. L'innalzamento del peso minimo regolamentare fece sì che le semplificate, agili e leggerissime - sebbene meno potenti - Porsche 908 (la cui ultima versione, impiegata dalla squadra ufficiale nel biennio 1970-1971 e denominata 908/03, era stata alleggerita fino a scendere ad un peso di soli 500 kg[3]) perdessero molta della loro competitività rispetto alle più complesse, pesanti e potenti Matra, Ferrari e Alfa Romeo, dovendo installare oltre un quintale di zavorra per poterlo rispettare.
La 4ª generazione: Special Production Cars (1976-1982)
La Lancia Beta Montecarlo Turbo in gara nel 1980
Per la stagione 1976 la FIA introdusse un nuovo Gruppo 5, riservato alle Vetture di Produzione Speciale, permettendo profonde modifiche ad automobili di normale produzione già omologate per i Gruppi da 1 a 4 della FIA. Queste vetture competevano per il Campionato Mondiale Marche dal 1976 al 1980 e per il Mondiale Endurance nel 1981 e 1982. Le regole FIA imponevano una larghezza limite, pertanto le automobili venivano costruite rispettando la larghezza originale della carrozzeria, ma applicandovi enormi parafanghi allargati, per usufruire di carreggiate allargate e pneumatici dall'enorme impronta a terra. Il regolamento non imponeva limiti alla modifica dei parafanghi, che era completamente libera, e da una successiva e più attenta lettura di esso i tecnici Porsche scoprirono una falla nella mancanza di specifiche per l'altezza dei fari anteriori: dopo aver portato in gara la loro 935 con i fari di serie, dopo qualche mese realizzarono la nuova versione dotata di parafanghi completamente ridisegnati che consentirono ai progettisti di abbassare l'altezza del muso della vettura, con un'aerodimanica nettamente migliore: i fari rimossi dalla loro posizione originale furono ricollocati sotto al paraurti, radenti al suolo. Dopo il 1982 tale categoria fu esclusa dal mondiale, sostituita dal Gruppo B, ma queste vetture continuarono a gareggiare nel JSPC, nell'IMSA GTX e in altri campionati nazionali per pochi altri anni. L'unica competizione che ha visto protagoniste le vetture di Gruppo 5 al di fuori degli autodromi è stato il rally denominato Giro automobilistico d'Italia, negli anni settanta. La categoria è stata molto spesso associata a vetture con passaruota allargati e carrozzerie stravaganti. In Giappone tale caratterizzazione estetica è diffusa tra i piloti b#333;s#333;zoku
Vetture del Gruppo 5 Le vetture omologate dalla FIA nel Gruppo 5 comprendevano le seguenti:
1ª generazione • Abarth 1000 TC • Alfa Romeo 1600 GTA • BMW 2002 • Ford Escort Twin Cam • Mercedes Benz 300SEL • Porsche 911
2ª generazione • Ferrari 512S e M • Ford GT40 Mk I • Lola T70 • Porsche 917
3ª generazione • Ferrari 312 PB • Matra-Simca MS670 • Mirage M6 • Alfa Romeo T33TT/12 • Renault Alpine A442
4ª generazione • Alfa Romeo Alfetta GT • BMW 320i • BMW 3.0 CSL • BMW M1[5] • Lancia Stratos Turbo[6] • Ferrari 512BB LM • Ford Capri[7] • Ford Escort • Lancia Beta Montecarlo Turbo • Zakspeed Lotus Europa Gr.5 • Mazda RX-7 SA22 • Nissan Skyline RS Silhouette Formula • Nissan Nichira Impul Silvia • Nissan Bluebird SSS Turbo • Porsche 935 e le sue varianti 935-77, 935-78 • Toyota Celica Turbo A22 (1ª generazione) • Toyota Celica Turbo A45 (2ª generazione)
Campionati a cui le Gruppo 5 hanno partecipato
1ª generazione • Campionato Europeo Turismo (dal 1968 al 1969) • BTCC (dal 1966 al 1969)
2ª generazione • Campionato internazionale Marche (dal 1970 al 1971) • Interserie
3ª generazione • Campionato mondiale Marche (dal 1972 al 1975)
4ª generazione • Campionato mondiale Marche (dal 1976 al 1980) • Campionato mondiale Endurance (dal 1981 al 1982) • Deutsche Rennsport Meisterschaft • IMSA GTX • All Japan Sports Prototype Championship • Formula Silhouette - parte del campionato Fuji Grand Championship
Dal prossimo articolo le singole vetture in gara.
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Modificato da - Maicol in data 29/10/2020 23:18:05 |
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Maicol
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Inserito il - 01/11/2020 : 21:20:05
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Passiamo alla prima vettura da analizzare:
la B.M.W. 320 Team Faltz Jaegermeister D.R.M. Nurbugring 1977 :
Vettura schierata da Antonio con il numero 15 e da Max con il numero 14
Racer Sideways BMW 320 No.15 Gruppo 5 Jagermeister Team Nurburgring 1977, vincitore Div. II, guidato da Hans Stuck, referenza SW41B. Corpo e telaio in plastica dotati di supporto motore Anglewinder di Racer, predisposto per sistema di sospensione Slot.it, nuove boccole Racer di precisione, motore a coppia elevata Flat 6 da 20.000 giri / min open can, grandi ruote con mozzo su questa vettura al posto delle piccole ruote con mozzo presenti su molte altre auto per aumentare ulteriormente l'accelerazione e la velocità massima, cerchi in alluminio sul retro e plastica su anteriore, asse posteriore temperato, ingranaggio cilindrico ad alte prestazioni con pignone in ottone sull'albero motore, ruote in alluminio con mozzo grande con viti di fissaggio nella parte posteriore, magnete al neodimio, boccole in ottone per l'asse posteriore. Treccia da competizione stagnata argento.
Dotata di chiave a brugola per le ruote, il cambio e gli pneumatici in silicone extra sono inclusi sotto la base (per regolare l'asse anteriore, le ruote in alluminio e l'ingranaggio cilindrico).
La nuova BMW 320i Gr.5 Alpina in scala 1:32 che riproduce le vetture BMW del Team Jaegermeister Faltz iscritte alla gara DRM disputata al Nürburgring Nordschliefe nel 1977 dove è arrivata al 1 ° posto guidata da H.J. Stuck. Sideways insiste sulle livree Jaegermeister con i colori delle bevande tedesche. Le auto sono molto dettagliate e ben rifinite.
Caratteristiche tecniche : Scala 1:32 , Corpo in plastica , Lunghezza 145 mm., Altezza 40 mm., Interasse 80 mm., Carreggiata anteriore 60 mm., Carreggiata posteriore 62 mm., Peso 84 g., Magnete Sì, Motore Flat 6 da 20.500 giri / min., Banchino motore Anglewinder, Trasmissione 2WD Pignone / Ingranaggio 11/28, Ruote anteriori in plastica, Ruote posteriori in alluminio, Pneumatici anteriori in gomma, Pneumatici posteriori in gomma, Luci no
In parallelo le vere reali vetture :
Per la classe da due litri, BMW ha sviluppato un'auto da corsa basata sulla nuova BMW Type 320. Queste vetture (con piloti tra cui Surer, Cheever e Winkelhock, e successivamente con Stuck, Peterson e Grohs) sono apparse nel DRM (cioè nel campionato tedesco di corse) e nel campionato del mondo costruttori dal 1977 in poi.
BMW ha iscritto due vetture BMW 320-Group 5 con i colori Jaegermeister nel campionato tedesco di sport motoristici e nel campionato mondiale costruttori nella stagione 1977 attraverso il team Faltz (a Essen). I piloti erano: Hans-Joachim Stuck, Harald Grohs, Helmut Kelleners e Ronni Peterson. Nel 1978, BMW ha fornito componenti (e kit completi) per oltre 30 auto. Complessivamente, sono stati costruiti probabilmente 36 320 con sede in fabbrica nel Gruppo 5. Pesavano circa 730 kg e avevano lo stesso motore da due litri utilizzato anche nelle auto da corsa di Formula 2. Questo motore era l'M 12/7, un motore a quattro valvole che eroga circa 330 CV e gira a 10.000 giri / min.
Successivamente ci furono motori turbo che erogavano 500 CV. La GS Freiburg ha utilizzato un'auto da lavoro 320 di questo tipo con un motore turbo e nei colori Jaegermeister nella stagione 1979. È stato guidato da Markus Höttinger. Il motore BMW sotto il cofano di questa 320 è stato il precursore del motore che successivamente ha alimentato le auto da corsa di Formula 1 di BMW e ha erogato più di 1000 CV.
L'auto acquistata dalla società Jaegermeister alla fine del 1978 era la 29a di questa piccola serie. Porta il numero di telaio E21 R1-29. Questa 320 è stata costruita dal team GS (Gerhard Schneider) a Friburgo, utilizzando componenti forniti dalle officine BMW, ed è stata utilizzata dalla metà del 1978 in poi. È stata guidata dal pilota ufficiale della BMW Markus Höttinger. La società Jaegermeister ha acquisito questa vettura per la stagione 1979. Ha continuato ad essere curato da GS e successivamente da Wolber Motorsport (anche a Friburgo). Questo Gruppo 5 320 - guidato da Eckhard Schimpf (Braunschweig) - ha gareggiato in circa 80 gare nel 1979, 1980, 1981 e 1982. L'auto da corsa 320, restaurata in condizioni ottimali, ora si trova nella sala '72STAGPOWER, dopo aver superato roll-out sul circuito di Oschersleben a pieni voti.
Questa BMW, con Eckhard Schimpf e il pilota ufficiale della BMW Hans-Georg Bürger al volante, ha vinto il Campionato del Mondo nella categoria due litri nella gara di 1000 km sul Nürburgring. L'auto era dotata di un motore funzionante appositamente per questa gara del Campionato del Mondo. Schimpf / Bürger è arrivato 6 ° nella classifica generale. La BMW con Schimpf / Fischhaber / Ketterer ha concluso la gara di 1000 km al 10 ° posto nella classifica generale nel 1980, e questa BMW è arrivata al 4 ° posto assoluto nel 1982 (e contemporaneamente seconda nel Gruppo 5).
I numerosi primi posti di questa vettura includono una serie di vittorie nelle gare del campionato europeo di salita in salita. Gli esempi includono: Trento Bondone / Italia (1980 e 2982), il premio in salita delle Alpi austriache (1980), Turkheim-Trois Epis (Tre cime) / Francia (1980 e 1981), Ampus Draguignan / Francia (1982), Friburgo Schauinsland (1982), il Premio svizzero di salita in collina a Les Rangiers (1981 e 1982), Bolzano-Mendola / Italia (1981) e Copa Sila / Italia (1982). La Jägermeister BMW 320 era anche sulla griglia di partenza nelle gare per il D.R.M., l'ultima volta nel 1980 alla finale D.R.M. di Hockenheim (finendo 6 °).
Genesi del modello
La sigla BMW E21 identifica la prima generazione della Serie 3, un'autovettura di fascia
Nel 1970 la BMW si era oramai risollevata dalla profonda crisi economica che l'aveva accompagnata durante i primi quindici anni del dopoguerra. Il successo della Neue Klasse prima e della Serie 02 dopo avevano riportato le casse della Casa di Monaco a livelli molto più tranquillizzanti. Giunse così il momento di pensare proprio all'erede della Serie 02, ancora sulla cresta dell'onda dal punto di vista commerciale. In quel 1970, quindi, fu avviato il progetto E21, destinato alla realizzazione del nuovo modello di base della gamma BMW. La Serie 02, dal canto suo, non aveva esaurito le frecce nel suo arco, tanto che nei primi anni del nuovo decennio sarebbero state lanciate nuove versioni, tra cui la "cattivissima" 2002 Turbo. Quanto alle specifiche inerenti al progetto E21, affidato all'ingegner Bernhard Osswald, si volevano eliminare almeno alcuni dei difetti che avevano caratterizzato il modello precedente. Tra questi nei, uno dei principali era nella scarsa abitabilità interna: si decise pertanto di utilizzare un nuovo pianale, caratterizzato dall'interasse allungato di 63 mm. Inoltre la nuova vettura doveva rispondere in maniera più concreta ai requisiti di sicurezza passiva, che in quegli anni stavano cominciando a divenire più severi. Per quanto riguardava il disegno della carrozzeria, il compito fu affidato a Paul Bracq, appena giunto alla BMW come responsabile del design. Per non rompere eccessivamente con le linee della Serie 02, linee che avevano riscosso un ottimo successo di pubblico, Bracq cercò di non discostarsene troppo, pur mirando ad un disegno più moderno. Dopo aver "congelato" le linee definitive nella primavera del 1974, si passò alla realizzazione della scocca, che dopo un'accurata progettazione risultò essere sensibilmente più rigida rispetto alla 02. I primi collaudi della meccanica, nel frattempo, vennero effettuati utilizzando il nuovo pianale previsto per la E21, ma con scocca della 2002 Touring, opportunamente modificata per poter essere montata appunto sul nuovo pianale. Nel febbraio del 1975 vi fu una prima presentazione della vettura, presentazione riservata alla sola rete di concessionarie BMW tedesche. Tale evento, peraltro decisamente insolito dal punto di vista della location e delle modalità di svolgimento, si svolse in un teatro di Amburgo, dove avvenne una rappresentazione teatrale che vide protagonista un esemplare di pre-serie della E21 ed alcuni personaggi al vertice della Casa. Il 2 maggio dello stesso anno vi fu l'avvio delle linee di produzione destinate alla E21, mentre due mesi dopo, il 3 luglio, la vettura fu presentata per la prima volta alla stampa, che ne apprezzò l'impatto estetico, specie nel frontale. La presentazione al pubblico avvenne invece il 10 settembre 1975 al salone dell'automobile di Francoforte. Durante il periodo della kermesse tedesca, avvennero le prime consegne della neonata BMW.
Design ed interni
Come già accennato, la carrozzeria della E21 fu realizzata dall'équipe guidata da Paul Bracq: tuttavia vi fu un fatto che a volte costituisce ancor oggi motivo di dispute riguardanti la paternità stilistica del progetto. Alla fine del 1974, Bracq lasciò la BMW per la Peugeot, ed al suo posto giunse Claus Luthe che acquisì i diritti del disegno della carrozzeria. In genere, però, la E21 è quasi unanimemente attribuita al designer francese in forza alla BMW durante la prima metà degli anni settanta. Non si trattava di un capolavoro di aerodinamicità, poiché il Cx era di 0.43, ma la qualità del trattamento contro la corrosione era di alto livello. La prima generazione della Serie 3, pur conservando una sua ben precisa personalità grazie alla carrozzeria a tre volumi e a due porte, cercava di mantenere il family feeling con il più recente modello BMW, ossia la Serie 5 E12. Si ritrova quindi anche in questo caso il frontale inclinato in avanti con la calandra in plastica nera, tagliata a metà dallo stemma del "doppio rene". I gruppi ottici erano singoli nelle versioni con motore sotto i due litri di cilindrata, mentre erano doppi nelle versioni dai due litri in su. La fiancata protesa anch'essa in avanti ispirava una sensazione di sportività, ovviamente voluta da Paul Bracq per rendere il corpo vettura più grintoso. La linea di cintura piuttosto bassa rendeva più agile la vista d'insieme, mentre l'ampia superficie vetrata rendeva più luminoso l'abitacolo. Oltretutto era presente il famoso montante posteriore in stile Hofmeister. Meno convincente la coda, caratterizzata dai gruppi ottici rettangolari a sviluppo orizzontale, ma anche dal fatto che per il resto appariva incompleta perché completamente priva di altri elementi stilistici, a parte la scanalatura che collegava i due gruppi ottici. L'abitacolo, nonostante gli sforzi dei progettisti, non riuscì a migliorare di molto l'abitabilità interna, che rimase quindi uno dei punti deboli della vettura. In compenso, una delle più significative innovazioni si ebbe nella plancia, progettata e realizzata seguendo criteri ergonomici, uno tra i primi esempi di plancia progettata in tal senso, poiché orientata verso il conducente. I sedili erano provvisti di poggiatesta regolabili e cinture di sicurezza, mentre completamente riprogettato fu il sistema di ventilazione, integrabile a richiesta con il condizionatore. A seconda della sua presenza o meno, la console centrale assumeva due configurazioni ben diverse tra loro. A bordo dell'auto la rumorosità del motore e dei fruscii d'aria era ridotta grazie al buon lavoro di insonorizzazione.
Struttura, meccanica e motori
La struttura della E21 era stata progettata cercando di ottemperare ai più recenti criteri di sicurezza: la scocca era pertanto del tipo a deformazione programmata e la sua rigidità torsionale venne aumentata di circa il 18% rispetto al valore registrato nella Serie 02. Sempre in tema di sicurezza va ricordato che negli esemplari destinati al mercato USA vennero montati i grossi e prominenti paraurti ad assorbimento d'urto, una soluzione che negli anni settanta era tipica praticamente di tutte le vetture europee esportate oltreoceano. Tale soluzione, oltre ad accrescere leggermente gli ingombri in lunghezza della vettura, ne aumentò anche il peso di circa un quintale. La meccanica della E21 riprese alcune basi già viste nella Serie 02, ma con geometrie completamente riprogettate e volte ad accrescerne il comfort di marcia e a rendere la vettura più stabile sul bagnato. Nel modello precedente, infatti, le sospensioni troppo reattive potevano mettere in difficoltà il guidatore meno smaliziato. In generale, quindi, si ritrovano gli schemi a ruote indipendenti sui due assi: avantreno di tipo MacPherson con molle elicoidali e tamponi in gomma e retrotreno a bracci triangolari, sempre con molle elicoidali. Erano presenti ovviamente anche ammortizzatori idraulici telescopici sui due assi per tutta la gamma, ma anche barre stabilizzatrici di serie sulle versioni di punta. L'impianto frenante era di tipo misto, vale a dire con dischi sull'avantreno e tamburi al retrotreno. Sulle versioni di punta i dischi erano di tipo autoventilato, ed in ogni caso venivano utilizzati dischi di diametro maggiore rispetto a quelli utilizzati sull'avantreno della Serie 02. Era presente su tutta la gamma il servocomando idraulico. Una piccola novità riguardava lo sterzo, che vide l'abbandono della soluzione a circolazione di sfere, in favore del sistema a cremagliera. In questo caso, però, non era presente il servosterzo, disponibile a richiesta solo sulle versioni di punta e comunque non fin dall'inizio, ma solo in un secondo momento. Ancora più in là negli anni, tale dispositivo sarebbe stato proposto come optional anche su altre versioni minori. Al suo debutto, la E21 venne proposta con motorizzazioni derivate direttamente da quelle che equipaggiavano la Serie 02. Quattro erano i motori previsti, tutti a benzina: • 316: versione di accesso alla gamma, con motore M10 da 1573 cm³ alimentato a carburatore e con potenza massima di 90 CV; • 318: versione intermedia con motore M10 da 1766 cm³ con alimentazione a carburatore e potenza massima di 98 CV; • 320: versione intermedia con motore M10 da 1990 cm³ con alimentazione a carburatore e potenza massima di 109 CV; • 320i: versione di punta con motore M10 da 1990 cm³, con alimentazione ad iniezione meccanica e potenza massima di 125 CV. Il cambio abbinato a tutte le motorizzazioni era di tipo manuale ed a 4 marce. Esso suscitò molte critiche per i suoi rapporti troppo corti che penalizzavano velocità massima e consumi. In alternativa era disponibile come optional un cambio automatico a 3 rapporti. Dai modelli 320 in poi differivano visivamente dagli altri modelli a quattro cilindri più piccoli dai fari anteriori composti da diodi doppi circolari.
Evoluzione
La produzione e la commercializzazione della E21 vennero quindi avviate rispettivamente nella primavera e nell'estate del 1975. Nonostante le diverse pecche di cui ancora soffriva la E21 (abitabilità ancora ridotta, tenuta di strada sul bagnato non eccezionale, cambio decisamente migliorabile, prestazioni anch'esse migliorabili, ecc.), il prezzo di listino fu decisamente elevato e nonostante ciò, la vettura riscosse successo immediato. Nel gennaio 1976 vi fu già una rivisitazione estetica: la coda, oggetto di critiche perché considerata incompleta, fu arricchita con una fascia alettata in plastica nera che andò a ricoprire l'ampia scanalatura in tinta presente fino a quel momento tra i due gruppi ottici in tinta. Non solo, ma in molti mercati la BMW effettuò richiami sui primi esemplari per montare tale fascia anche dove non inizialmente prevista. Nel settembre 1976 vi furono alcune migliorie nella qualità dei rivestimenti interni e in alcuni accessori a richiesta, come il cambio manuale a 5 marce disponibile con sovrapprezzo per la 320i. Nel frattempo, divennero pressanti le critiche dei proprietari di 320i, delusi dalle prestazioni non all'altezza: il loro motore 2 litri ad iniezione era meno prestante di quello presente a suo tempo sulle 2002tii, forte di 5 CV in più e di un peso ridotto. Per questi motivi, nel 1977 al Salone di Francoforte vennero presentati due nuovi modelli: la 320 a 6 cilindri, nota anche come 320/6 ed equipaggiata dal nuovo 2 litri da 122 CV (sempre a carburatore), e la 323i, con motore sempre a 6 cilindri ma da 2315 cm³ ed in grado di erogare fino a 143 CV. Questi due modelli andarono a sostituire rispettivamente la vecchia 320 e la precedente 320i, entrambe con motore a 4 cilindri. La 323i, però, non sarebbe entrata in listino che dal marzo dell'anno seguente. Il cambio rimase però sempre lo stesso manuale a 4 marce. La nuova gamma subì alcuni aggiornamenti di dettaglio, ma si arricchì anche con l'arrivo della cabrio-targa TC Baur. Nel 1975 l'Alpina realizzò una versione a alte prestazioni della 320 E21. Denominata A1/3, impiegava come propulsore un M10 2.0 abbinato a due carburatori Solex che erogava la potenza di 122 CV con coppia di 170 Nm. L'accelerazione da 0 a 100 km/h avveniva in 9,7 secondi, con velocità massima di 181 km/h. La produzione di tale versione terminò nel 1977.[1] La stessa cosa avvenne l'anno successivo, quando ulteriori novità di dettaglio vennero introdotte nella gamma E21. Un restyling leggermente più marcato si ebbe nel settembre del 1979, quando la prima generazione della Serie 3 venne proposta con il fascione paraurti inferiore di nuovo disegno, lo specchietto retrovisore esterno con calotta aerodinamica e regolabile elettricamente ed i gruppi ottici posteriori che integravano il retronebbia. Nell'abitacolo venne proposta una plancia ridisegnata ed una nuova strumentazione. Nel 1980 si ebbe una rivisitazione ai motori a 4 cilindri, in maniera tale da ridurre i consumi e da adeguarli al nuovo regime fiscale vigente in Germania. La 316 abbandonò il 1.6 da 90 CV in favore di un 1.8 della stessa potenza, mentre la 318 venne sostituita dalla 318i, dotata del 1.8 ad iniezione da 105 CV. Nel marzo del 1981 venne introdotta la 315, nuova versione di base della gamma E21: tale versione era equipaggiata con il 1.6 utilizzato fino all'anno prima sulla 316, ma che in questo caso era depotenziato a 75 CV. Due mesi dopo, la milionesima E21 uscì dalle linee di montaggio BMW. Si trattò del primo modello BMW a varcare tale soglia. Nello stesso anno si ebbero nuovamente modifiche ed aggiornamenti di dettaglio. Nel 1982, durante gli ultimi mesi di produzione della E21, vennero introdotte delle versioni a tiratura limitata, denominate Edition E (disponibile per tutti i modelli tranne la 315 e la 316) ed Edition S (solo per la 323i). Nel settembre dello stesso anno la produzione della E21 cessò definitivamente quasi del tutto. Il modello cedette così il passo alla seconda generazione della Serie 3, denominata E30. Si è detto che la produzione cessò "quasi del tutto", poiché in realtà, fino al 1983, continuò la produzione della solo versione 315 come modello di base dell'intera gamma BMW.
Attività sportiva
Della E21, nel 1977, ne venne realizzata una versione da competizione omologata per la partecipazione alle competizioni Gruppo 5 in sostituzione della precedente 3.0 CSL. Dotata di un nuovo corpo vettura aerodinamico (che le valse il soprannome di Flying Brick) e di un propulsore da Formula 2 elaborato dalla BMW Motorsport per erogare 300 CV di potenza, la vettura venne impiegata dalla squadra ufficiale della casa tedesca e dal Team McLaren nel campionato statunitense IMSA. Inoltre venne impiegato dal BMW Junior Team, dove piloti emergenti come Manfred Winkelhock, Eddie Cheever e Marc Surer le permisero di vincere il Deutsche Rennsport Meisterschaft del 1977 e le edizioni 1981 e 1982 del Macau Guia Race.[2]
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Modificato da - Maicol in data 01/11/2020 21:41:04 |
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Maicol
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Inserito il - 02/11/2020 : 19:52:16
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Adesso analizziamo la B.M.W. M1
Origine
La BMW M1 è un'autovettura sportiva prodotta dalla casa automobilistica tedesca BMW tra il 1978 ed il 1981. L'origine della vettura va fatta risalire alla Turbo Concept realizzata in occasione delle olimpiadi di Monaco del 1972. Inizialmente, la vettura doveva mostrare il grado tecnologico raggiunto dall'industria automobilistica tedesca dopo il difficile periodo degli anni 60. Il design venne curato da Paul Bracq (già realizzatore del treno TGV), il quale riprese la linea delle vetture sportive italiane costruendo un mezzo a motore centrale a forma di cuneo. La concept car era equipaggiata con un propulsore turbo 2.0 derivato dalla 2002 che garantiva 200 CV di potenza. Quest'ultimo era gestito da un cambio manuale a quattro marce. Nella dotazione della vettura era incluso un sistema radar che avvisava il conducente dell'eventuale vicinanza eccessiva di un altro mezzo.[2]
La progettazione italo-tedesca del veicolo
L'idea venne successivamente ripresa per competere con Porsche nel gruppo 5 del campionato GT e diete vita ad una progettazione italo-tedesca: vettura italiana, motore BMW. La progettazione della meccanica infatti (intero telaio, incluso il sistema sospensivo) venne affidata a Gian Paolo Dallara[3] che si occupò anche della prototipizzazione; anche la carrozzeria in fibra di vetro venne prodotta in Italia, sempre in Emilia su progetto di Italdesign: lo stile infatti porta la firma di Giorgetto Giugiaro. Il compito di progettare il motore, un 6 cilindri in linea, venne affidato alla neonata divisione Motorsport, ma per il know-how produttivo e lo studio necessario per la riuscita dell'intero veicolo (trasmissione, cambio e così via), si chiese l'aiuto della Lamborghini, che inizialmente doveva occuparsi anche della produzione nei propri stabilimenti, commessa poi persa, tuttavia il progetto piacque e venne mantenuto fino alla produzione definitiva.[4][5] Caratterizzata da un'impostazione degna di un'auto da corsa (motore centrale longitudinale, telaio a traliccio tubolare con rinforzi in lamiera, sospensioni a 4 ruote indipendenti con quadrilateri deformabili, freni a disco davanti e dietro, la M1 era spinta dal bialbero S32B35 a 24 valvole da 3453 cm³. Alimentato a iniezione, questo propulsore, in grado di erogare sulla versione stradale una potenza massima di 277 CV a 6500 giri/min, aveva caratteristiche decisamente sportive, come la disposizione centrale longitudinale del motore e la lubrificazione a carter secco. Sportivo anche il cambio manuale a 5 marce, coadiuvato nello scaricare al suolo i tanti cavalli da un differenziale autobloccante al 40%. Le prestazioni erano da gran sportiva di razza: la M1 raggiungeva infatti i 262 km/h di velocità massima, coprendo lo scatto da 0 a 100 km/h in soli 5,6 secondi. Anche il corpo vettura era quella della classica berlinetta ad alte prestazioni. Il sottile profilo a cuneo con muso assai appuntito, l'abitacolo a due posti, il baricentro molto basso, e l'altrettanto ridotta altezza dello stesso corpo vettura la facevano assomigliare non tanto ad una Porsche, quanto ad una Ferrari o ad una Maserati. La vettura venne presentata al Salone dell'Automobile di Parigi del 1978 come vettura dalle mire schiettamente agonistiche, più che stradali, ma il contestuale cambiamento del regolamento FIA, che elevò a 400 il numero di esemplari da produrre per ottenere l'omologazione nel Gruppo 5, costrinse la BMW a cercare nuovi partner per raggiungere la capacità produttiva richiesta.
La produzione e l'assemblamento in Italia
Scartata la possibilità di far assemblare la M1 alla Lamborghini in crisi finanziaria, la casa di Monaco di Baviera optò per una soluzione che coinvolgesse più fornitori: la realizzazione della carrozzeria in fibra di vetro venne affidata ad una società specializzata di Modena e a Reggio Emilia alla TIR di Bagni Cesare, mentre la Baur s'occupava degli interni e di alcune parti meccaniche. L'assemblaggio avveniva all'Italdesign di Giugiaro, in Piemonte. Grazie a questo collage tra il 1978 ed il 1981 fu possibile realizzare 456 esemplari di M1 (400 stradali e 56 da corsa).
Le competizioni
La M1 venne concepita inizialmente per gareggiare nel Gruppo 5. Questa vettura fu dotata di un propulsore biturbo (M88/2) dalla potenza compresa tra gli 850 e 950 CV e, per contenerne il peso, il telaio venne costruito in alluminio e kevlar, mentre la carrozzeria, a cui erano stati aggiunte numerose componenti aerodinamiche, venne realizzata con la fibra di carbonio. Ottenne solo due vittorie, al Nürburgring e al Salzburgring.[6] In seguito fu iscritta al campionato Gran Turismo 1978/79 nel Gruppo 4, ma ben presto la casa abbandonò anche tale categoria per organizzare un campionato monomarca ProCar. Queste vetture, dotate di un propulsore da 470 CV, furono pilotate da grandi nomi della Formula 1: Nelson Piquet, Elio De Angelis, Didier Pironi, Niki Lauda e, anche se non ad ogni occasione, da tutti gli altri piloti da gran premio tranne quelli Ferrari e Renault, cui le rispettive case non avevano dato il permesso di gareggiare per ovvi motivi di concorrenza commerciale. La serie fu molto seguita nel biennio 1979-1980 in quanto le gare si tenevano per lo più sulle stesse piste europee del mondiale di Formula 1, il sabato pomeriggio dopo la fine delle sessioni di prova della massima formula, cosa che garantiva un ampio pubblico sulle tribune e un corrispondente ampio risalto sui media. La stagione 1979 fu vinta da Niki Lauda e quella 1980 da Nelson Piquet. BMW M1 Hommage Nell'aprile 2008, BMW ha presentato un prototipo chiamato BMW M1 Hommage, per commemorare il 30º anniversario dalla nascita della M1. Il veicolo utilizza una disposizione tecnica a motore centrale e prende in prestito spunti stilistici sia dalla BMW Turbo di Bracq che dalla BMW M1 di Giugiaro. Il prototipo BMW M1 Hommage è stato presentato ufficialmente durante il Concorso d'Eleganza Villa d'Este del 2008. Lo stile è stato curato dal chief designer Adrian van Hooydonk sotto la supervisione di Chris Bangle, direttore del design di BMW.[7] La parte anteriore della vettura si differenzia molto rispetto all'antenata. I fari anteriori doppi del tipo a scomparsa come erano presenti sull'originale M1 sono stati sostituiti da sottili fari "fissi", ma l'impostazione generale della vettura e il marchio di fabbrica della griglia anteriore a doppio rene richiamano in modo fedele la progenitrice. Nella M1 Hommage rimane anche il doppio stemma della BMW sulla parte posteriore della vettura come l'originale M1. Le specifiche tecniche della vettura non sono state rilasciate. BMW ha confermato che la M1 Hommage non sarà prodotta. La BMW i8, entrata in produzione nel 2014, è stata influenzata nel design dalla M1 Homage, con alcuni dettagli ripresi da essa come il montante posteriore.[9]
Descrizione generale
Costruttore BMW Tipo berlinetta Produzione dal 1978 al 1981
Sostituita da BMW i 8 Esemplari prodotti 456
Dimensioni e massa Lunghezza 4346 mm Larghezza 1820 mm Altezza 1140 mm Passo 2560 mm Massa 1290 kg Assemblaggio Italdesign
Progetto Gian Paolo Dallara per Lamborghini
Stile Giorgetto Giugiaro per Italdesign
Altre antenate BMW Turbo
Altre eredi BMW M1 Hommage - BMW i 8
Auto simili Ferrari 308 Lamborghini Urraco e Silhouette Lotus Esprit Maserati Merak Porsche 911
Iniziamo con la B.M.W. M1 Team Schnitzer Nurburgring D.R.M. 1981 di Ludovico
Questa vettura viene fornita di serie con banchino angolare con motore a coppia elevata Flat 6 da 20.000 giri / min, asse posteriore temperato, ingranaggio cilindrico ad alte prestazioni con pignone in ottone sull'albero motore, ruote in alluminio con mozzo grande con viti di fissaggio nella parte posteriore, 1 magnete al neodimio, boccole in ottone per l'asse posteriore.
Grandi ruote con mozzo su questa vettura al posto delle piccole ruote con mozzo presenti su molte altre auto per aumentare ulteriormente l'accelerazione e la velocità massima.
Treccia da competizione stagnata argento.
La chiave a brugola per le ruote, l'ingranaggio e gli pneumatici in silicone extra sono inclusi sotto la base (per regolare l'asse anteriore, le ruote in alluminio e l'ingranaggio cilindrico).
Bianco con la sponsorizzazione di Clarion e Meisterfoto.
Le auto sono molto dettagliate e ben rifinite. Sideways ha rilasciato la nuovissima BMW M1 allo Slot Landia e se sei stato abbastanza fortunato da essere all'evento, sono sicuro che ne hai presi alcuni.
Per il resto di noi, l'impressionante Gruppo 5 M1 sarà presto in vendita. Racer ha colpito il mercato delle slot car con un big bang rilasciando la sua gamma Sideways . Il rilascio di una gamma di slot car del Gruppo 5 è stato un colpo da maestro per i piloti, la BMW M1 sarà sicuramente un grande successo come la Lancia Beta, la Porsche 935/78 e la Ford Capri Zakspeed.
Alimentato dal motore Slot.it Flat-6 da 20.500 giri / min
Configurazione del motore Anglewinder
Ruote posteriori in alluminio e ruote anteriori in plastica.
Altezza di marcia dell'assale anteriore regolabile.
Può essere facilmente aggiornato con le parti di tuning di Slot.it.
Schnitzer Motorsport è un team di sport motoristici con sede a Freilassing vicino a Monaco , in Germania . Fin dai primi giorni della sua fondazione, il team ha gestito una squadra di corse automobilistiche per la BMW e ha ottenuto risultati notevoli nel settore delle auto da turismo e delle gare di auto sportive . Il team gestisce spesso le vetture per BMW sotto il nome di "BMW Motorsport". Attualmente, dal 2012, il team ha gestito il team DTM per BMW sotto il nome di "BMW Team Schnitzer".
La squadra è stata fondata nel 1967 dai fratelli Josef (7 agosto 1939 - 31 agosto 1978) e Herbert Schnitzer (nato il 5 giugno 1941). Il loro patrigno Karl Lamm aveva un'autofficina e un'attività di rivenditore. I fratelli iniziarono a correre nel 1962 e Josef Schnitzer vinse il campionato tedesco del 1966 su una BMW 2000ti . Nel 1968, entrambi si ritirarono dalla guida da corsa attiva per concentrarsi sugli affari e sulla squadra da corsa. Negli anni '70, i fratellastri più giovani dello Schnitzer, Karl ("Charly") e Dieter Lamm, si unirono al team, con Charly Lamm che fungeva da team manager sulle piste da corsa. Nel 1978, Josef Schnitzer morì in un incidente e Herbert Schnitzer rimase come capo. Oltre ad avere la concessionaria BMW e il team Motorsport con sede nella Baviera della Germania meridionale , possiedono anche una ditta specializzata in tuning BMW nell'estremo nord vicino al confine tra Belgio e Paesi Bassi , ad Aquisgrana . Poiché questa città ha il codice di targa AC , hanno chiamato questa filiale AC Schnitzer .
Negli anni 2000, Schnitzer Motorsport gareggia nell'European Touring Car Championship (ETCC) e nel World Touring Car Championship (WTCC) come una squadra BMW, BMW Team Germany. La BMW M3 GT2 di Schnitzer alla 1000 km di Zhuhai del 2010. Schnitzer è stato attivo anche nelle corse automobilistiche e nelle gare di resistenza, ad esempio l'ALMS e la Le Mans Series. Il 26 gennaio 2011 è stato annunciato che Schnitzer Motorsport, con il nome di Team Schnitzer, avrebbe guidato la GT2 M3 di Andy Priaulx nell'Intercontinental Le Mans Cup del 2011 ".
Dagli anni '60, il team Schnitzer è stato principalmente attivo con vetture BMW e BMW M nelle gare di auto da turismo come il Campionato Europeo di Auto Turismo , la Deutsche Rennsport Meisterschaft , la Deutsche Tourenwagen Meisterschaft e il World Touring Car Championship (WTCC). Negli anni 2000, hanno gareggiato principalmente come "BMW Team Germany" nel WTCC con i piloti Jörg Müller , Dirk Müller e Augusto Farfus dal 2005 al 2009. Nel 1977 e nel 1978 Schnitzer ha provato a sfidare la potente Porsche 935 nel DRM . Hanno sviluppato un gruppo di 5 , 560 CV (412 kW) turbocompresso silhouette versione del RA40 Toyota Celica e hanno corso con modesto successo. Il miglior piazzamento della Celica LB Turbo fu un quarto al Nürburgring nel 1977, ma con triste affidabilità l'anno successivo Schnitzer si ritirò e tornò a concentrarsi sulle BMW. [1]
Schnitzer è stato anche attivo nelle gare di auto sportive e di resistenza , ad esempio l' ALMS e la Le Mans Series . Il 26 gennaio 2011 è stato annunciato che Schnitzer Motorsport, con il nome di Team Schnitzer, avrebbe guidato la GT2 M3 di Andy Priaulx nell'Intercontinental Le Mans Cup del 2011 [2] Nel 2012, il BMW Team Schnitzer, insieme al BMW Team RBM e Reinhold Motorsport GmbH, si schierarono ciascuno con due auto BMW M3 DTM nel DTM . [3] Nel settembre 2018, Charly Lamm ha annunciato che lascerà il suo ruolo in Schnitzer alla fine dell'anno. [4] Morì inaspettatamente il 24 gennaio 2019. [5]
Ora eccoci alla B.M.W. M1 Turbo Wurth Team Sauber Le Mans 24h 1981 di Massimo usata in Gara 2 e 3 :
Il modello è fornito con: - motore Slot.it Flat-6S - cerchi in alluminio tornito al posteriore - cerchi in plastica all'anteriore
La configurazione standard presente sul modello di serie è offset 0,0 Il telaio è compatibile con tutti i supporti motore Slot.it L'offset si ottiene semplicemente sostituendo il porta boccole
Principali caratteristiche del nuovo supporto motore Sideways: - può lavorare fissato al telaio con 3, 4, 5, 6 o 7 viti - compatibile per l'utilizzo delle sospensioni Slot.it - utilizza nuove boccole di precisione Sideways - le boccole sono montate su supporto assale separato
Parti opzionali sotto la basetta: - adattatore anteriore inferiore per motore cassa lunga standard - adattatore anteriore superiore per motore cassa lunga standard - adattatore posteriore per motore cassa lunga standard - adattatore anteriore per utilizzo supporto motore a 4 o 6 viti - supporto assale-boccole offset 0,5 - supporto assale-boccole offset 1,0
Modello BMW M1 Scala 1:32 Per piste 1:32 e 1:24 Materiale Plastica ABS Trasmissione Posteriore tipo Anglewinder Rapporto 11 : 28 Motore Flat-6 Giallo 20.500 rpm Peso 79 grammi Lunghezza 155 mm Meccanica 3/32'' - 2.38 mm Cerchi Anteriori in plastica, Posteriori in alluminio Magnete Neodimio Luci No
La 24 Ore di Le Mans 1981 è stata il 49º Grand Prix d'Endurance e si è disputata il 13 e 14 giugno 1981 sul Circuit de la Sarthe. È stata l'ottava gara valevole per il Campionato Mondiale Marche del 1981. Vi hanno partecipato vetture Sport Prototipo, suddivise tra le classi Gruppo 6 (fino a 2 litri e oltre 2 litri), IMSA GTP, Le Mans GTP (fino a 3 litri e oltre 3 litri) e il neoistituito Gruppo C, e vetture Gran Turismo, suddivise nelle classi Gruppo 5 (fino a 2 litri e oltre 2 litri), IMSA GTX, Gran Turismo/Gruppo 4, IMSA GTO e IMSA GTU[1].
Ad opporsi alle regine incontrastate della categoria ci sono cinque Ferrari 512 BB LM schierate da squadre private (tra cui NART e Charles Pozzi) e le BMW M1 Gr.5, tra cui quelle elaborate dalla Sauber di Quester/Surer/Deacone e di Stuck/Jarier/Henzler e quella della EMKA Productions Limited affidata a David Hobbs, Eddie Jordan e Steve O'Rourke.
Piazzamento finale :
Eccoci infine alla Sauber B.M.W. M1 Turbo Team Italie-France Le Mans 24H. 1981 VSD con cui Riccardo Renzi ha conquistato il podio della Classifica Generale Gruppo 5 2020 Campidoglio Racing Slot Club :
Sideways MPNSW39 Anno di produzione 2016
Racer Sideways Sauber BMW M1 Gr.5 No.51 vettura sponsorizzata dalla rivista francese VSD. Guidata da Philippe Alliot, Bernard Darniche e Johnny Cecotto per il Team Italie-France alla 24 Ore di Le Mans nel 1981. Slot car in scala 1:32, pronta per le competizioni con grandi prestazioni in pista e dettagli della carrozzeria alti da abbinare. La BMW M1 è alimentata dal motore Slot.it Flat-6 da 20.500 giri / min posizionato nel nuovo supporto motore a 6 punti Anglewinder di Racers. Dotato di ruote posteriori in alluminio e dotato di altezza di marcia dell'assale anteriore regolabile. Il telaio può anche accettare qualsiasi supporto motore Slot.it anglewinder, inline o sidewinder. Viene fornito in una vetrina trasparente e fornito con accessori: chiave a brugola da 0,9 mm, 1 x offset 0,5 e 1 x supporto dell'asse posteriore da 1,0 mm, adattatori per motori diversi. Questa e’ un nuovo stampo di carrozzeria; ha il nuovo motore angolare Flat 6 alta coppia 20.000 RPM 200 g. / cm.
Racer ha usato ruote grandi rispetto alle solite piccole per aumentare l’accelerazione e la massima velocita’.
Sono usate le nuove treccie stagnate argento.
Chiave a brugola dotata sotto la base per regolare l’assale anteriore , le ruote in alluminio e gli ingranaggi.
Boccola in bronzo a basso attrito, altezza dell’assale regolabile.
Vettura bianca con strisce blu, verdi, gialle, arancioni e rossa con sponsorizzazione Dunlop e Total # 51.
Una grande auto molto dettagliata e con bellissime rifiniture.
Scala 1:32 Corpo Plastica Lunghezza 140 mm Altezza 32 mm Interasse 79mm Traccia anteriore 62mm Traccia posteriore 62mm Peso 82 g. Magnete sì Motore Flat 6 20.500 giri / min Supporto motore Anglewinder Trasmissione 2WD Pignone / ingranaggio 28/11 Ruote anteriori Plastica Ruote posteriori Alluminio Pneumatici anteriori 15,8 x 8,0 mm Pneumatici posteriori 17,2 x 8,0 mm Luci No
C'erano due di queste Sauber M1 costruite per la stagione 1981. Sebbene la BASF GS Sport sia la più celebrata delle due, questo telaio è stata la vettura principale della Sauber. L'auto era guidata da Dieter Quester, Marc Surer e David Deacon ma si ritirò quando il motore si lasciò andare. Il telaio ha avuto una lunga storia di gare ed è passato di mano più volte alla fine degli anni '80. Questo è il numero di telaio WBS59910004301059 che, a differenza della Sauber M1, è nata come Pro Car. Nel 1981 è stata convertita alle specifiche del Gruppo 5 da ORECA, la stessa azienda che vinse Le Mans nel 1991 per Mazda e in seguito gestì il programma Viper GT2 di fabbrica per molti anni. E quando dico "convertito al Gruppo 5", sembra che questo significhi che l'auto era vestita con una carrozzeria larga levigata e questo è tutto. Forse anche le gomme sono un po 'più larghe. Questa Sauber in questione e' stata guidata da Philippe Alliot, Bernard Darniche e Johnny Cecotto, con il telaio WBS59910004301059 riuscendo a concludere al 16 ° posto assoluto a LM 81 ed è stato l'unico M1 classificato nella classifica finale.
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Maicol
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Inserito il - 05/11/2020 : 05:23:32
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Ora andiamo ad illustrare la Porsche 935 alla quale dedicheremo quattro puntate.
Una per illustrare la vettura nelle caratteristiche reali e le sue varie evoluzioni e modleli.
Tre per illustrare i tre modleli sfrecciati sulla pista del Campidoglio Racing Slot Club:
- Massimo Calabrese con la Porsche 935 77A Vegla racing Le Mans 1980 in Gara 1 ;
- sempre Massimo Calabrese con la Porsche 935 77A Brumos Racing IMSA 1978 in Gara 2 e 3 ;
- Michele Caggiano con la Kremer Porsche 935K2 Team Willem Coupes Benelux - Turbowax Trophy Spa 1980.
La Porsche 935 era un'automobile da competizione del Gruppo 5, le cosiddette Silhouette, e derivava dalla Porsche 911 turbo stradale, di cui era una versione potenziata. Era riservata alla squadra ufficiale Porsche, mentre ai team privati andò un diverso progetto, la Porsche 934, che gareggiava nel Gruppo 4 (le Gran Turismo più simili alle stradali). In seguito la Porsche dietro pressioni dei clienti realizzò una piccola serie di 935, dalle prestazioni leggermente inferiori a quelle delle vetture "ufficiali.
Descrizione generale : Costruttore Porsche Categoria Campionato mondiale Sport prototipi Classe Gruppo 5 Produzione dal 1976 Squadra Porsche Joest Racing Kremer Racing Progettata da Norbert Singer Sostituisce Porsche 911 RSR Turbo Sostituita da Porsche 961
Descrizione tecnica Meccanica Telaio Monoscocca con telaietti in traliccio ausiliari Motore Boxer 6 cilindri sovralimentato Dimensioni e pesi Lunghezza da 4.680 a 4.890 mm Passo da 2.271 a 2.279 mm Peso da 735 a 1.025 kg
Risultati sportivi Debutto 1976
La Porsche 935 era un'automobile da competizione del Gruppo 5, le cosiddette Silhouette, e derivava dalla Porsche 911 turbo stradale, di cui era una versione potenziata. Era riservata alla squadra ufficiale Porsche, mentre ai team privati andò un diverso progetto, la Porsche 934, che gareggiava nel Gruppo 4 (le Gran Turismo più simili alle stradali). In seguito la Porsche dietro pressioni dei clienti realizzò una piccola serie di 935, dalle prestazioni leggermente inferiori a quelle delle vetture "ufficiali"[1].
Versioni Presentata nel 1976, in una decina di anni di carriera la Porsche 935 fu sottoposta a continui affinamenti da parte della casa madre e dagli innumerevoli scuderie private:
935/76 Il modello originale della vettura era denominato semplicemente Porsche 935, ma in seguito divenne 935/76 per non confonderlo con le evoluzioni successive. Il motore era una variante del classico 6 cilindri boxer da 3 litri. Aveva 2.850 cm³ ed era dotato di un turbo singolo, quindi gareggiava nella classe "4 litri" poiché le auto sovralimentate erano sottoposte a un fattore di penalità di 1,4 (infatti 4.000 cm³:1,4=2.857). Questo motore erogava 560 CV (420 kW) se la pressione del turbo era regolata a 1,2 bar, mentre quando la pressione raggiungeva 1,5 bar la potenza era di 630 CV (configurazione per le "gare sprint"). La vettura pesava 970 kg. La 935 di Jacky Ickx e Jochen Mass alla 6 Ore di Silverstone 1976, la terza gara disputata:
Dopo aver conseguito la vittoria al debutto, la 6 Ore del Mugello[2] in una prima versione che rassomigliava a una 911 maggiorata[3][4], già alla 1000 km del Nürburgring del 1976[2]) la 935 si differenziò nella carrozzeria dalla stradale perché, sfruttando un buco regolamentare[1], i due grandi fari della versione stradale furono eliminati per una linea più aerodinamica. L'ing. Norbert Singer, uno dei progettisti, aveva scoperto che i fari ricadevano nella zona dei parafanghi, che il regolamento consentiva di modificare liberamente per permettere l'aumento delle carreggiate e il montaggio di ruote più grandi, e disegnò parafanghi privi di fari. L'impianto di illuminazione fu poi piazzato tra il paraurti e lo spoiler anteriore. La rivista "Road & Track" provò la 935/76 e registrò un'accelerazione 0-60 miglia orarie in 3,3 secondi e di 8,9 secondi sul "quarto di miglio"[1]. L'anno seguente furono realizzate 13 vetture per i clienti Porsche, che differivano dalla versione 1976 del team ufficiale per un più efficiente intercooler e, in opzione, una versione del motore a 3 litri[1].
935/77
La versione 1977 della 935 fu migliorata nell'aerodinamica, con una carrozzeria capace di generare più deportanza senza incrementare la resistenza. Fu installato un secondo lunotto posteriore sopra di quello originale, per facilitare lo scorrimento dei flussi d'aria verso l'alettone posteriore. Il corpo vettura subì un modesto incremento delle dimensioni, e il peso rimase a 970 kg. Altri interventi riguardarono il motore, il "Typ 930/78", il cui grosso turbo singolo fu rimpiazzato, sulle versioni ufficiali, da due unità di dimensioni ed inerzia minori, per ridurne il ritardo di risposta senza sacrificare la potenza massima, di 630 CV a 8.000 giri/min col rapporto di compressione invariato a 6,5:1. La schiacciante superiorità di tale vettura spinse i clienti Porsche a chiedere di poterla avere, poiché fino a quel momento avevano potuto disporre di un propulsore a singolo turbocompressore di 590 CV. Stoccarda rispose allestendo 15 esemplari biturbo con carrozzeria ancora molto simile a quella del 1976[1]. Uniche differenze un frontale meglio profilato e le prese d'aria laterali maggiori, poste sui passaruota posteriori. La Porsche assemblò 3 vetture 935 ufficiali nella specifica 1977, mentre una quarta vettura fu realizzata con specifiche particolari: boxer portato a 1,4 litri, singolo turbocompressore, per una potenza massima di circa 380 CV ad 8.000 giri/min: tale versione, la 935/77 Baby, fu studiata specificamente per la classe inferiore del campionato tedesco DRM, che si disputava con la classe "2 litri".
935/77 "Baby"
La "Baby" (nome ufficiale di progetto 935J) fu allestita per competere nella categoria "due litri" del campionato nazionale tedesco (il Deutsche Rennenwagen Meisterschaft o DRM) e scontrarsi con le vetture BMW 320 e le Ford Escort. Dotata per regolamento di un motore turbo di soli 1,4 litri (1,4 litri * coefficiente regolamentare 1,4 = 2 litri) e alleggerita tramite l'adozione di telaietti anteriori e posteriori in traliccio di tubi al posto della monoscocca, la vettura pesava solo 735 kg. Dopo aver colto una vittoria a Hockenheim a sole tre settimane dal debutto al Norisring ed aver dimostrato la sua particolare efficienza, la Porsche la ritirò dalle competizioni per esporla nel suo museo, dove è ancora possibile vederla. La 935/77 "Baby" al Porschemuseum
935/78 "Moby Dick"
Nel 1978 la Porsche presentò un'evoluzione radicale del progetto 935: il motore 6 cilindri boxer fu portato a 3,2 litri e dotato di testate bialbero a quattro valvole per cilindro raffreddate ad acqua, come sulla contemporanea Porsche 936, e grazie a tale soluzione tecnica la potenza arrivò a circa 750 CV a 8200 giri/minuto in condizioni di gara; del telaio originale si mantenne solo l'abitacolo, in ossequio al regolamento, e ad esso furono applicati specifici telaietti all'anteriore e al posteriore e, come tocco finale, si abbassò l'intera vettura di 7,5 cm sfruttando un buco regolamentare; la linea aerodinamica venne aggiornata con una sinuosa coda aerodinamica e un lungo e affusolato muso, studiati per le alte velocità raggiunte a Le Mans. Per le dimensioni giunoniche ed il colore ufficiale bianco usato nei primi collaudi, il modello 935/78 venne soprannominato "Moby Dick"[5]. Quell'anno a Le Mans la 935/78 raggiunse i 365 km/h sul lungo rettifilo delle Hunaudières, conquistando il primato ufficioso di Porsche 911 più veloce mai costruita e ottenendo il secondo posto in griglia a discapito delle vetture prototipo, ma non riuscì a vincere a causa di problemi di affidabilità del suo potente motore e del consumo sensibilmente superiore rispetto ai "prototipi" avvantaggiati da una più ridotta sezione frontale che li favoriva dal punto di vista aerodinamico. Nella sua carriera partecipò solo a 4 gare, vincendo quella di debutto, la 6 Ore di Silverstone del 1978. La 935/78 "Moby Dick"
Le 935 dei fratelli Kremer
La Kremer Racing Cologne è una scuderia motoristica tedesca, localizzata a Colonia, fondata nel 1962 dai fratelli Erwin e Manfred Kremer. In breve tempo si è specializzata nell'elaborazione di automobili Porsche ed è stata la prima squadra ad aver portato in gara la 911 in competizioni a livello internazionale[1]. In seguito al successo ottenuto nelle gare, nel 1973 la Kremer Racing si dota di un nuovo stabilimento a cui si aggiungono nel 1983 uno show-room ed edifici amministrativi. Nel 1984, l'azienda ottiene dalla Porsche il riconoscimento di Concessionario Ufficiale, rappresentante esclusivo del marchio Porsche in Germania[1 Dopo aver elaborato le Porsche 911, le 914-6 GT e le 934, la Kremer Racing si dedicò alla realizzazione di proprie versioni della Porsche 935, da impiegare direttamente o cedere ad altre scuderie. Con tale vettura l'azienda inizia ad assegnare una propria denominazione ai suoi prodotti, identificandoli con una lettera K seguita da un numero progressivo. Un totale di otto vetture hanno adottato tale schema. • 935 K1 - La prima versione di 935, realizzata nel 1977 • 935 K2 - Un'evoluzione della K1, realizzata anch'essa nel 1977[2]. • 935 K3 - Ispirata alla veste aerodinamica delle 935/78 ufficiali, che erano conosciute col nome di Moby Dick: fu la versione di maggior successo e riuscì a conquistare la 24 Ore di Le Mans 1979[3][4]. • 935 K4 - Una profonda evoluzione della 935, con la scocca portante originale sostituita da un telaio completamente tubolare, realizzata nel 1981[4][5]. • CK5 - Una vettura Sport prototipo di Gruppo C, basata su una Porsche 936, realizzata in attesa dello sviluppo e della consegna della Porsche 956 da parte della Casa di Stoccarda. • 962CK6 - Uno sviluppo della Porsche 962 ufficiale • CK7 Spyder - Una vettura Sport prototipo con carrozzeria barchetta, dotata della meccanica della 962 e usata nel campionato Interserie. • K8 Spyder - Una versione evoluta della K7 destinata all'International Sports Racing Series e alla 24 Ore di Le Mans. Oltre alle vetture della serie K, i fratelli Kremer iscrissero alla 24 Ore di Le Mans 1981 una Porsche 917 aggiornata nella veste aerodinamica e nelle sospensioni, denominata 917K81 e negli anni novanta si sono dedicati alla 911 GT1 e alla GT2. Tra le vittorie più importanti del team dei fratelli Kremer si annoverano la 24 Ore di Daytona del 1995, la 24 Ore di Le Mans 1979, la 24 Ore di Spa 1968[6], 3 Campionati Europei Gran Turismo, 3 Campionati Interserie, 11 Porsche Cup e il Deutscher Rennsportmeisterschaft 1979. Le 935, sin dal loro debutto, si erano dimostrate le vetture più competitive della categoria Gruppo 5[6]. Ovviamente, il successo commerciale del modello aveva garantito alla Porsche enormi introiti economici. Tuttavia l'azienda, nel corso degli anni, aveva esitato ad introdurre sul mercato kit di evoluzione per le 935 destinate ai clienti, i quali iniziarono a manifestare un certo malcontento per la politica della casa[7]. I primi ad intuire le potenzialità di un'eventuale commercializzazione di kit evoluzione per il modello 935 furono i fratelli Manfred ed Erwin Kremer, titolari di una grande concessionaria Porsche a Colonia. Questi, da sempre impegnati nell'automobilismo con vetture Porsche, svilupparono non un semplice kit di evoluzione per la 935, ma vere e proprie versioni alternative alle 935 in versione clienti, denominate K1, K2 e K3 e K4. Mentre le versioni K1 e K2 ricalcavano sostanzialmente le 935 di fabbrica, il modelli evoluzione Kremer 3 e Kremer 4 risultavano discostarsi considerevolmente dalla vettura originaria, sia nelle soluzioni aerodinamiche che dal punto di vista motoristico. Lanciata nel 1979, la 935 K3 vantava un frontale completamente ridisegnato, meglio profilato e con l'aggiunta di due nolder ai lati del cofano, capaci di aumentare considerevolmente la deportanza della vettura, senza però modificarne significativamente i valori di penetrazione. Il posteriore fu rivisto in maniera ancor più radicale, al fine di ospitare un nuovo e più grande intercooler aria-aria, capace di migliorare il raffreddamento del nuovo motore. Fu anche installato un alettone, di dimensioni maggiori, dai sostegni meglio profilati, che si allungavano congiungendosi ai montanti del lunotto posteriore, ed includevano delle prese d'aria per favorire il raffreddamento. Il boxer che equipaggiava la vettura fu sviluppato in stretta collaborazione con la Porsche. Derivato da quello delle 935 in versione clienti, subì un incremento della cilindrata a 3,2 litri, mantenendo la doppia sovralimentazione tramite turbocompressori di dimensioni maggiori, forniti dalla KKK, con pressione d'esercizio compresa tra 1.4 bar (utilizzata in gara, per un totale di circa 750 CV a 7.800 giri/min.), ed 1,7 bar (utilizzata in qualifica, per un totale di circa 800 CV ad 8.000 giri/min.). Il rapporto di compressione fu portato a 7,2:1[7]. Il baricentro della vettura fu considerevolmente abbassato, per migliorarne la reattività e diminuire le inerzie, mentre, per garantire una sufficiente rigidità torsionale al telaio, fu applicato un nuovo rollbar integrale a gabbia all'interno dell'abitacolo. La 935 K4 del 1981, rispetto alla K3 del 1979, si differenziava essenzialmente nell'aerodinamica, più evoluta, con la coda più lunga ed un alettone ancor più grande. Il propulsore fu ulteriormente potenziato fino a quota 900 CV[6], manifestando tuttavia problemi di affidabilità che ne compromisero la carriera, permettendo alla 935 K4 di vincere solo in alcune gare minori. Complessivamente, furono 4 gli esemplari di 935 prodotti e commercializzati. Di contro, la 935 K3, nelle mani di Klaus Ludwig, nel 1979, si dimostrò tanto veloce sul circuito del Nürburgring, da far segnare un tempo pari a 7:33, più che sufficiente a qualificare la vettura per l'ultimo G.P. di Formula 1 ospitato sul circuito tedesco[6]. La 935 K3 fu proposta ad un prezzo pari a circa 400.000 marchi, tenendo conto che il solo motore, fornito direttamente dalla Porsche, costava 90.000 DM. Prodotta in 13 esemplari, la 935 K3 (il modello di maggior successo), garantì alla Porsche ed ai Kremer una serie di successi, tra i quali spiccano: • Primo e secondo posto nella 24 Ore di Le Mans del 1979 • Primo posto nella 12 Ore di Sebring del 1980 • Primo posto nella 24 Ore di Daytona del 1981
La Kremer-Porsche 935 K2
La Kremer-Porsche 935 K3 vincitrice a Le Mans nel 1979
935/78-81 "Moby Dick"
Dopo aver notato le potenzialità della 935/78, il team Joest Racing realizzò la "sua" Moby Dick nel 1981, basandosi sui disegni originali fornitigli dalla Porsche in base allo stretto legame che intercorreva tra la Casa di Stoccarda e il team catto. Spinta dal boxer 6 cilindri da 3,2 litri raffreddato ad aria preparato dalla squadra clienti tedesca, che erogava 700 cavalli anziché gli oltre 800 CV della versione "ufficiale" con testate a quattro valvole e raffreddate a liquido, la Moby Dick di Joest pesava per regolamento 1025 kg[9]. Di questa automobile furono realizzati solo due esemplari: il primo fu adoperato dallo stesso team Joest Racing e in seguito ceduto al MOMO Racing[10], mentre nel 1982 fu realizzato il secondo, venduto a John Fitzpatrick[9]. Ma la mancanza del potente motore "ufficiale", e la spietata concorrenza di altre versioni estremamente evolute della 935 realizzate da Kremer, Fabcar e altri specialisti delle elaborazioni[11], le rese la vita difficile e il risultato più prestigioso di questa vettura fu la vittoria di classe alla 24 Ore di Le Mans 1982, ottenuta dal John Fitzpatrick Racing[9] piazzandosi al quarto posto assoluto alle spalle delle tre Porsche 956 "ufficiali", dominatrici al debutto nella classica gara di durata.
Una Porsche 935/78-81 "Moby Dick" e una Ferrari 512 BB/LM in una gara per vetture storiche a Spa-Francorchamps nel 2009
Le 935 "americane"
La vettura fu impiegata da molti team privati nel campionato statunitense IMSA GT, che si rivolsero a vari specialisti per realizzare delle versioni uniche della vettura che andassero oltre le prestazioni dalle versioni "clienti"[11]. Queste 935 erano caratterizzate da innovazioni telaistiche che videro l'impiego dapprima di telaietti ausiliari, come la 935J realizzata dalla tedesca Joest Racing che vinse alla 24 Ore di Daytona del 1980 e fu poi ceduta al team statunitense MOMO[11], e successivamente la creazione di telai completamente tubolari come quello delle JLP-2 e JLP-3 di John L. Paul senior, fino ad arrivare al telaio monoscocca in fogli di alluminio rivettati della 935 L1 di Bob Atkin
935 BiTurbo 4x4
Basandosi sulla 935 ne venne prodotta anche una versione BiTurbo 4x4 atta ad essere impiegata nel Campionato europeo rallycross. Dotata di un propulsore da 750 CV, ottenne la vittoria nella Divisione 2 (la classe regina) con il pilota finlandese Matti Alamäki nel 1985
La 935 BiTurbo 4x4 di Matti Alamäki durante una gara di rallycross a Brands Hatch nel 1985
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Maicol
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Eccoci ora all'auto di Gara di Massimo Calabrese, la Porsche 935 77A Vegla Racing Le Mans 1980 :
La 48ª edizione della 24 Ore di Le Mans si è svolta il 14 e 15 giugno 1980 sul Circuit de la Sarthe. Questa gara è la 7ª manche del Campionato Mondiale Sportprototipi 1980 (WSC - World Sportscar Championship). Contesto Per il 1980 l'Automobile Club de l'Ouest limitò la capacità massima dei serbatoi da 160 a 120 litri e ridusse da 140 a 50 litri/minuto la velocità di rifornimento del carburante, triplicando i tempi di sosta ai box in un'ottica di riduzione dei consumi e inoltre stabilì tutta una serie di altre regole volte all'abbattimento dei costi: qualifiche accorciate, griglia stabilita con la media dei tempi dei due migliori piloti dell'equipaggio, divieto di sostituzione di motore e cambio dopo le qualifiche. Ancora una volta la Porsche non iscrisse nessuna vettura propria nel Gruppo 5, allo scopo di non competere con le molte vetture dei clienti iscritte. Questa volta però neppure nessuna "Gruppo 6" ufficiale viene iscritta, a differenza delle 4 edizioni precedenti. L'unica Porsche gruppo 6, un roadster sponsorizzato dalla Martini, iscritto da Reinhold Joest per sé stesso e Jacky Ickx, venne battezzata 908/80, ma somigliava molto alla versione del 1977 della 936. Per molto tempo si credette che fosse uno sviluppo del telaio della 908, ma si è recentemente scoperto che venne costruita su un telaio di scorta della 936, il 936-004. Poiché la Porsche non desiderava impegnarsi nella vendita delle 936 ai clienti, il segreto venne mantenuto usando un numero di telaio della 908. In realtà si trattò di un'operazione svolta da alcuni dirigenti della stessa Porsche, in disaccordo con il direttore generale, Ernst Fuhrmann che aveva imposto di gareggiare soltanto con vetture derivate dalle piccole 924 di serie. Fu fornito a Joest un telaio attorno al quale venne costruita la vettura con pezzi di ricambio acquistato dal preparatore. Non è mai stato chiaro se Fuhrmann avesse mai scoperto questa operazione. La 908/80 era la favorita ma la Porsche poteva contare su molte 935, cinque Gruppo 5 più otto IMSA GTX, tra cui tre della Scuderia di Dick Barbour, vincitrice a Sebring, che si confrontavano direttamente con le 4 BMW M1, di cui due semi-ufficiali. La maggior parte della concorrenza era nella Classe GTP: le tre Porsche 924 Carrera GT schierate dalla squadra ufficiale Porsche, tre WM-Peugeot P79/80 con equipaggi completamente francesi e la Rondeau-Cosworth M379B progettata a Le Mans e schierata anche nel Gruppo 6 (due delle tre vetture presenti). Quest'ultima, dopo la vittoria di classe dell'anno precedente, era stata sottoposta a una serie di migliorie aerodinamiche che ne avevano ridotto il Cx e aveva subito modifiche all'alimentazione e al sistema di raffreddamento che avevano permesso un incremento di potenza di una trentina di cavalli, il tutto collaudato in una sessione di prove a Le Castellet durata 26 ore. Altre vetture presenti nel Gruppo 6 erano l'inglese De Cadenet-Lola LM realizzata da Alain De Cadenet e la giapponese Dome Zero RL80, entrambe spinte da motori Ford Cosworth DFV, mentre tra le Gruppo 5 erano iscritte 6 Ferrari 512 BB/LM, di cui una dello statunitense NART e tre dei francesi del Charles Pozzi - JMS Racing. Tra le classi inferiori, da segnalare che la Lancia aveva iscritto nel Gruppo 5 fino a 2 litri due Beta Montecarlo Turbo ufficiali e aveva affidato una terza alla scuderia Jolly Club e un folto numero di barchette Lola T298 private nel Gruppo 6 fino a 2 litri[6]. Qualifiche La pole position fu appannaggio della Rondeau M379B-Cosworth di Henri Pescarolo e Jean Ragnotti in 3:47.900, seguiti da Fitzpatrick/Redman/Barbour sulla 935 K3/80 classe IMSA GTX, dalla 935 Kremer di Gruppo 5, dalla Porsche 908/80, dalla Rondeau pilotata dallo stesso Jean Rondeau e da Jean-Pierre Jaussaud, dalla De Cadenet-Lola LM (vittima di un incidente in prova e riparata a tempo di record) e dalla Dome Zero RL80 in settima posizione.
Gara Alle 16:00 fu dato il via: la partenza fu probabilmente la più bagnata di Le Mans. Ickx rimase indietro con la sua roadster fin quando non poté iniziare a vedere qualcosa di più della nebbia creata dalle auto con l'abitacolo chiuso: le coupé Porsche 935, BMW M1 e Rondeau. Tanta era la pioggia che i piloti non potevano affrontare in pieno la leggera curva posta verso la fine del rettilineo dell'Hunaudières. John Fitzpatrick era in testa e lottava con Henri Pescarolo e la 935 del Gelo Racing Team pilotata da Bob Wollek. Alle 17:00 Hans Stuck aveva portato la sua BMW M1 dalla ventiseiesima alla seconda posizione. Nello stesso momento Jean Rondeau aveva due delle sue auto nelle prime 10, mentre la De Cadenet-Lola LM perdeva posizioni a causa di continue soste ai box per problemi di accensione. Quando la pioggia diminuì Ickx e Joest superarono un'auto dopo l'altra. Per la fine della terza ora Joest si trovò al comando. Quando Ickx tornò alla guida dell'auto ruppe la cinghia della pompa di iniezione. Ma Joest era stato previdente, disponevano di una scatola degli attrezzi e di una cinghia di scorta nell'auto. Ickx ripartì solo 14 minuti dopo e dovette fermarsi ai box per un ulteriore controllo, ma fu sufficiente a fargli perdere la testa della gara. Al calar delle tenebre la Rondeau di Pescarolo/Ragnotti conduceva la gara alternandosi con la Porsche 935 di Fitzpatrick/Redman/Barbour, seguiti da Jaussaud/Rondeau sull'altra 379B di Gruppo 6, ma Ickx si mise all'inseguimento. Poco dopo mezzanotte, durante una sosta ai box, Pescarolo e Ragnotti si ritirano col motore rotto e all'1:00 di domenica, la 908/80 era nello stesso giro dell'auto di testa. Due ore dopo era davanti e iniziava a lasciare indietro la vettura Francese. Dopo numerosi cambi di posizione dovuti ai rifornimenti e alle manutenzioni programmate, attorno alle 7:00 la Joest Martini Porsche aveva costruito un solido vantaggio. Durante la notte la De Cadenet-Lola LM era risalita fino al quinto posto dopo aver risolto i suoi problemi, ma al mattino un problema ai supporti del motore le aveva fatto perdere un'ora e parecchie posizioni, mentre la WM-Peugeot occupava ora il quinto posto e le tre Porsche 924 Carrera GT ufficiali erano tra i primi dieci, con Al Holbert e Derek Bell piazzati prima dei compagni di squadra. Ma la Scuderia Joest aveva sottostimato la Rondeau, non si aspettava che il motore Cosworth fosse così affidabile. Di conseguenza Joest e Ickx non corsero abbastanza forte e quando la loro vettura ebbe lo stesso problema al cambio sofferto anche nel 1978, alle 10:00, non avevano un vantaggio sufficiente e la Rondeau di Jean Rondeau e Jean-Pierre Jaussaud ottenne il comando e un vantaggio di tre giri. Ickx dovette iniziare un terzo inseguimento. Alla quattordicesima ora di gara Mark Thatcher distrusse la sua vettura in un incidente. A tre ore dalla fine ricominciò a piovere a macchia di leopardo sul tracciato e Jean Rondeau uscì di strada alla Curva Dunlop, appoggiandosi a un guard-rail ma senza danneggiare la vettura, mentre gli avversari si "sdoppiavano". Quando Jaussaud diede il cambio a Rondeau, con un'ora e mezza ancora da correre, la Rondeau aveva ancora due giri di vantaggio, ma la Porsche andava più veloce. A 35 minuti dalla fine tornò a piovere. Ickx si fermò ai box per montare le gomme da pioggia, mentre Jaussaud tenne le slick. Jaussaud aveva fatto la scelta giusta e rimase in testa. Comunque ci fu una sorpresa finale: con l'infittirsi della pioggia, all'ultimo giro Jaussaud perse il controllo dell'auto. Per fortuna la Rondeau non urtò niente. Per la prima volta un pilota vinceva Le Mans con una vettura che portava il suo nome. Alla fine della gara Ickx annunciò il suo ritiro dalle corse. Alle spalle dei duellanti si piazzarono la Rondeau di Gordon Spice e dei fratelli Martin (vincitrice della Classe GTP), al quarto posto la WM-Peugeot di Guy Fréquelin e Roger Dorchy, Fitzpatrick/Redman/Barbour al quinto posto vinsero la classe IMSA GTX distanziando di un solo giro la Porsche 924 di Manfred Schurti e Jürgen Barth (iscritta tra i prototipi), mentre l'abnegazione del team di Alain de Cadenet permise loro di agguantare il settimo posto.
In tutto questo la Porsche 935 77A Vegla Racing Le Mans 1980 guidata dal duo Grohs - Schornstein giunge ottava in classifica generale e prima della sua categoria G5 +2.0
24 Ore di Le Mans 1980 Edizione n. 48 della 24 Ore di Le Mans
Dati generali Inizio 14 giugno Termine 15 giugno Valevole anche per il Campionato del Mondo Sport Prototipi
Titoli in palio Assoluta Jean Rondeau Jean-Pierre Jaussaud su Rondeau M379B (Gruppo 6 oltre 2 litri) GTP Gordon Spice Philippe Martin Jean-Michel Martin su Rondeau M379
IMSA John Fitzpatrick Brian Redman Dick Barbour su Porsche 935 K3
Gruppo 5 oltre 2 litri Harald Grohs Dieter Schornstein su Porsche 935
Gruppo 4 Thierry Perrier Roger Carmillet su Porsche 911 SC
Gruppo 6 Bruno Sotty Daniel Laurent Philippe Hesnault su Chevron B36
Gruppo 5 fino a 2 litri Carlo Facetti Martino Finotto su Lancia Monte Carlo
Porsche Moby Dick 935/77A Vegla Racing Le Mans 1980 Sideways Ref. SW38
Il modello è fornito con: - motore Slot.it Flat-6S - cerchi in alluminio tornito al posteriore - cerchi in plastica all'anteriore
La configurazione standard presente sul modello di serie è offset 0,0 Il telaio è compatibile con tutti i supporti motore Slot.it L'offset si ottiene semplicemente sostituendo il porta boccole
Principali caratteristiche del nuovo supporto motore Sideways: - può lavorare fissato al telaio con 3, 4, 5, 6 o 7 viti - compatibile per l'utilizzo delle sospensioni Slot.it - utilizza nuove boccole di precisione Sideways - le boccole sono montate su supporto assale separato
Parti opzionali sotto la basetta: - adattatore anteriore inferiore per motore cassa lunga standard - adattatore anteriore superiore per motore cassa lunga standard - adattatore posteriore per motore cassa lunga standard - adattatore anteriore per utilizzo supporto motore a 4 o 6 viti - supporto assale-boccole offset 0,5 - supporto assale-boccole offset 1,0 Scala 1:32 Per piste 1:32 e 1:24 Materiale Plastica ABS Trasmissione Posteriore tipo Anglewinder Rapporto 11 : 28 Motore Flat-6 Giallo 20.500 rpm Peso 81 grammi Lunghezza 155 mm Interasse 72 mm Meccanica 3/32'' - 2.38 mm Cerchi Anteriori in plastica, Posteriori in alluminio Magnete Neodimio Luci No
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Maicol
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Inserito il - 05/11/2020 : 11:25:39
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Ora vediamo la vettura che Massimo Calabrese aveva testato nel pre-season ma che non ha mai fatto scendere in pista ; la Porsche 935 77A Brumos Racing IMSA 1978
La stagione 1978 del Camel GT Challenge è stata l'ottava stagione della serie di corse automobilistiche del campionato IMSA GT . È stato il primo anno della nuova classe GTX, che ha permesso alle auto del Gruppo 5 di competere. Le vetture Grand Tourer di classe GTO e GTU sono rimaste da prima. È iniziato il 4 febbraio 1978 e si è concluso il 26 novembre 1978, dopo quattordici round.
Campionato letteralmente dominato dalla Porsche 935 77A Brumos Racing IMSA 1978 Numero 59 guidata da P. Gregg come potete vedere dai risultati dei vari Gran Premi allegati :
Calendario
Risultati
Sideways Racer Porsche 935/77A Brumos Racing 1978 IMSA Champion Referenza SW61
Corpo e telaio in plastica dotati di supporto motore Anglewinder di Racer, predisposto per sistema di sospensione Slot.it, nuove boccole Racer di precisione, motore Slot.it Flat 6 open can, cerchi in alluminio sul retro e plastica su anteriore. Elevato dettaglio Dotato di parti da corsa Slot.it di qualità Ruote posteriori in alluminio Altezza di marcia dell'assale anteriore regolabile Supporto motore a cinque punti
Come tutti i prodotti della Racer, anche questo modello è composto da meccanica Slot.it e la carrozzeria, a differenza delle altre produzioni, è in plastica in modo da esaltarne il più possibile le prestazioni.
A differenza delle precedenti Riley e Dallara la Porsche 935/78 ha una meccanica anglewinder con un banchino Evo 6 disegnato e prodotto dalla Racer. Molto interessante è il nuovo sistema adottato per bloccare il motore al supporto. Con un semplice collarino e 2 viti diventa semplice e veloce la sostituzione del pignone motore e la manutenzione. Il telaio oltre ad essere studiato per lo stesso supporto motore può ospitare tutti i banchini prodotti dalla Slot.it compresi gli ultimi EVO6
La parte meccanica è così composta: Telaio monoscocca in plastica fissato alla carrozzeria tramite 2 viti.
Altri Modelli della stessa categoria: - Ford Capri Zakspeed Gr. 5 - Lancia Beta Montecarlo Gr. 5 - Porsche 935L IMSA - BMW 320 Gr. 5 - Sauber BMW M1 Gr.5 - Porsche 935/78 Moby Dick - Porsche 935 K3 Kremer - Porsche 935/77 Martini - Ford Mustang GTP
L'offset si ottiene semplicemente sostituendo il porta boccole
Le principali caratteristiche del nuovo supporto motore Sideways: - può lavorare fissato al telaio con 3, 4, 5, 6 o 7 viti - è compatibile per l'utilizzo delle sospensioni Slot.it - utilizza nuove boccole di precisione Sideways - le boccole sono montate su supporto assale separato
Le configurazione standard presente sul modello di serie è offset 0,0.
Parti opzionali sotto la basetta: - adattatore anteriore inferiore per motore cassa lunga standard - adattatore anteriore superiore per motore cassa lunga standard - adattatore posteriore per motore cassa lunga standard - adattatore anteriore per utilizzo supporto motore a 4 o 6 viti - supporto assale/ boccole offset - 0,5 - supporto assale / boccole offset - 1,0
Questa sarà la configurazione standard su tutte le prossime Gruppo 5.
Scala 1:32 Corpo in plastica Lunghezza 130 mm Altezza 35 mm Interasse 71mm Carreggiata anteriore 55 mm Carreggiata posteriore 60mm Peso 80 g Magnete Sì Motore Flat-Can 20.500 giri / min Attacco motore Anglewinder Trasmissione 2WD Pignone / Ingranaggio 11/28 Ruote anteriori in plastica Ruote posteriori in alluminio Gomme anteriori in gomma Pneumatici posteriori in gomma Luci no
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Modificato da - Maicol in data 05/11/2020 11:27:44 |
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Maicol
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Inserito il - 07/11/2020 : 08:18:46
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Con questa vettura e' anche sceso in pista Michele Caggiano alla guida della Kremer Porsche 935K2 Team Willem Coupes Benelux - Turbowax Trophy Spa 1980 guidata da Philippe Bervoets detto ''Davit'' :
Nella Coupes Benelux Turbowax Trophy SPA 1980 si sono svolte gare con 5 classifiche finali e nel Trofeo Turbowax 1980 ''Davit'' , gia' impegnato in altre gare, consegue il primo posto.
In questa occasione l'auto di Bourgoignie , del 1978-1979 , qui’ e' stata nelle mani di P. Bervoets "Davit".
La Kremer Racing Cologne è una scuderia motoristica tedesca, localizzata a Colonia, fondata nel 1962 dai fratelli Erwin e Manfred Kremer. In breve tempo si è specializzata nell'elaborazione di automobili Porsche ed è stata la prima squadra ad aver portato in gara la 911 in competizioni a livello internazionale.
In seguito al successo ottenuto nelle gare, nel 1973 la Kremer Racing si dota di un nuovo stabilimento a cui si aggiungono nel 1983 uno show-room ed edifici amministrativi. Nel 1984, l'azienda ottiene dalla Porsche il riconoscimento di Concessionario Ufficiale, rappresentante esclusivo del marchio Porsche in Germania.
Dopo aver elaborato le Porsche 911, le 914-6 GT e le 934, la Kremer Racing si dedicò alla realizzazione di proprie versioni della Porsche 935, da impiegare direttamente o cedere ad altre scuderie. Con tale vettura l'azienda inizia ad assegnare una propria denominazione ai suoi prodotti, identificandoli con una lettera K seguita da un numero progressivo. Un totale di otto vetture hanno adottato tale schema : • 935 K1 - La prima versione di 935, realizzata nel 1977 • 935 K2 - Un'evoluzione della K1, realizzata anch'essa nel 1977[2]. • 935 K3 - Ispirata alla veste aerodinamica delle 935/78 ufficiali, che erano conosciute col nome di Moby Dick: fu la versione di maggior successo e riuscì a conquistare la 24 Ore di Le Mans 1979[3][4]. • 935 K4 - Una profonda evoluzione della 935, con la scocca portante originale sostituita da un telaio completamente tubolare, realizzata nel 1981[4][5]. • CK5 - Una vettura Sport prototipo di Gruppo C, basata su una Porsche 936, realizzata in attesa dello sviluppo e della consegna della Porsche 956 da parte della Casa di Stoccarda. • 962CK6 - Uno sviluppo della Porsche 962 ufficiale • CK7 Spyder - Una vettura Sport prototipo con carrozzeria barchetta, dotata della meccanica della 962 e usata nel campionato Interserie. • K8 Spyder - Una versione evoluta della K7 destinata all'International Sports Racing Series e alla 24 Ore di Le Mans.
Oltre alle vetture della serie K, i fratelli Kremer iscrissero alla 24 Ore di Le Mans 1981 una Porsche 917 aggiornata nella veste aerodinamica e nelle sospensioni, denominata 917K81 e negli anni novanta si sono dedicati alla 911 GT1 e alla GT2.
Tra le vittorie più importanti del team dei fratelli Kremer si annoverano la 24 Ore di Daytona del 1995, la 24 Ore di Le Mans 1979, la 24 Ore di Spa 1968[6], 3 Campionati Europei Gran Turismo, 3 Campionati Interserie, 11 Porsche Cup e il Deutscher Rennsportmeisterschaft 1979.
La Racer Sideways SW37 Kremer Porsche 935K2 Team Willeme Coupes Benelux Turbowax Trophy SPA 1980 #2, P. Bervoets "Davit" viene fornita di serie con banchnio angolare con motore a coppia elevata Flat 6 da 20.000 giri / min di coppia motore nominale a 12 volt, asse posteriore temperato, ingranaggio cilindrico ad alte prestazioni con pignone in ottone sull'albero motore, ruote in alluminio con mozzo grande con viti di fissaggio nella parte posteriore, 1 magnete al neodimio, boccole in ottone per l'asse posteriore.
Grandi ruote con mozzo su questa vettura al posto delle piccole ruote con mozzo presenti su molte altre auto per aumentare ulteriormente l'accelerazione e la velocità massima.
Treccia da competizione stagnata argento.
La chiave a brugola per le ruote, l'ingranaggio e gli pneumatici in silicone extra sono inclusi sotto la base (per regolare l'asse anteriore, le ruote in alluminio e l'ingranaggio cilindrico).
Bianco con sponsorizzazione Pepsi.
Le auto sono molto dettagliate e ben rifinite.
Questo modello di slot car Kremer Porsche 935 / K2 SW37 in scala 1/32 Racer offre fantastiche prestazioni in pista da slot car con una superba attenzione ai dettagli.
Viene presentato in una teca in cristallo trasparente per la tua collezione. Le slot machine Racer Sideways Kremer Porsche 935 / K2 sono realizzate in congiunzione Slot.It e prodotte secondo uno standard molto elevato e progettate per le corse. Questa slot car è già in grado di offrire una superba azione in pista, ma con l'ampia gamma di aggiornamenti di Slot.it, che sono compatibili con Fly-Slot, Scalextric, Ninco ecc., Puoi facilmente mettere a punto ogni slot car per ottenere un vantaggio ancora maggiore rispetto al concorrenza.
Tutti gli aggiornamenti, la messa a punto e le parti di ricambio sono disponibili nelle sezioni di messa a punto di Slot.It. Le slot machine in scala 1/32 sono compatibili con tutti gli altri sistemi di binari per slot machine analogiche di produttori 1/32 e con le loro tracce digitali dove le limitazioni lo consentono come Scalextric, Ninco, SCX e Carrera, proprio come Slot.It, Spirit, Cartrix, Avant Slot, NSR, FlySlot, Slotwings, Policar e SRC sono slot car, che ti consentono di goderti tutte le Slot Cars che desideri.
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Modificato da - Maicol in data 07/11/2020 09:01:58 |
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Maicol
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Inserito il - 09/11/2020 : 21:15:18
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Adesso siamo alla Ford Capri Zackspeed.
Vetture messe in pista da : - Maurizio Santini con la Capri Zackspeed Team Kraus Wurth D.R.M. Nurburgring Elfelrennen 1980
&
- Riccardo Pedulla con la Capri Zackspeed Beck's Good Year Agip Scuderia Pedulla
A tale vettura dedicheremo piu' puntate essendo l'argomento vasto; sia la storia Zackspeed , sia la storia Ford Capri richiedono una illustrazione esaustiva.
Con questo articolo abbiamo solo anticipato quello di cui prossimamente andremo a parlare.
Un abbraccio a tutti i lettori a cui ricordiamo puntiamo a raggiungere le 10.000 copie vendute entro il 31 dicembre 2020.
Consigliamo a tutti i lettori di abbonarsi per poter ricevere direttamente a casa la nuova rivista cartacea patinata con copertina morbida o rigida a seconda del desiderio o meno di riporlo nella vostra libreria; per le feste di Natale, inoltre, abbiamo preparato l'edizione tascabile piccola, comoda e facilmente trasportabile. Infine anche la versione a fumetti per i piu' piccoli.
Buona lettura e a presto.
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irriducibili
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ASPETTERO CON INPAZIENZA LE VALUTAZIONI DELL'ESPERTO MAJCOL
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Riki |
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Maicol
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Comunico ufficialmente che Riccardo l'irriducibile e il primo socio con al Tessera Oro quale primo abbonato alla nuova prossima rivista slottistica.
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Maicol
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Inserito il - 11/11/2020 : 19:02:27
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Allora, iniziamo, innanzitutto, a descrivere il modello tradizionale e la storia Ford Capri.
La Ford Capri è un'automobile di tipo coupé prodotta dalla Ford europea, in tre successive serie, dal 1969 al 1986.
Costruttore : Ford Tipo principale Coupé
Produzione dal 1969 al 1986
Prima serie 1969-1974 Seconda serie 1974-1977 Terza serie 1977-1986
Esemplari prodotti 1.886.647
Prima serie: 1969-1974 :
Versioni Coupé Anni di produzione dal 1969 al 1974
Dimensioni e pesi : Lunghezza 4280 mm Larghezza 1646 mm Altezza 1288 mm Passo 2560 mm Massa 931 kg
Auto simili : Alfa Romeo Giulia GT Fiat 124 Sport Coupé Lancia Fulvia Coupé Opel Manta Renault 15 e 17
Riprendendo la denominazione da un fortunato e lussuoso modello Lincoln dei primi anni cinquanta e dalla versione coupé della Consul Classic (risalente ai primi anni sessanta), la presentazione della Capri fu preceduta da un forte battage pubblicitario sulla stampa internazionale. All'apertura del Salone dell'automobile di Bruxelles, il 15 gennaio 1969, gli organizzatori, il pubblico e la stampa constatarono l'assenza della novità più attesa del salone. Al centro dello stand allestito dalla Ford, una sorta di catafalco realizzato per l'esposizione del modello rimase vuoto fino al successivo 24 gennaio, quando finalmente la "Capri" venne posizionata per gli ultimi tre giorni della kermesse belga.[1]
Dopo quasi dieci anni di studi e prototipi da parte delle due filiali europee Ford, quella tedesca e quella britannica, nel 1965 prevalse la proposta del centro stile di Dagenham[2]; un progetto particolarmente ambizioso per la Ford europea che intendeva ripercorrere il successo internazionale ottenuto con la "Escort". La Capri veniva costruita nelle fabbriche del Nord Europa situate in Germania, Belgio e Inghilterra e, a fronte della stessa carrozzeria esterna, veniva proposto con motorizzazioni diverse a seconda dei mercati di destinazione. Le cilindrate dei motori variavano dai 1.300 ai 1.700 cm³ per quelle prodotte in Germania, dai 1.300 ai 1.600 cm³ per quelle anglosassoni. Alle versioni normali era affiancata anche una versione maggiormente sportiva equipaggiata da un motore a V da 2.000 cm³.
Già nel corso del primo anno di produzione sul mercato britannico venne introdotto anche un motore da 3.000 cm³ e 138 CV e su quello tedesco uno da 2.300 cm³ e 125 CV dotato di doppio carburatore.
L'anno successivo, il 1970, segnò il debutto di questo modello anche su altri mercati quali il Sudafrica, l'Australia e il Nordamerica, dotato unicamente di un motore di 1.600 cm³, sostituito dal fratello maggiore da 2.000 nell'anno seguente.
La modifica successiva interessò ancora il modello top di gamma che ricevette un nuovo impulso di potenza con la sostituzione dei carburatori con l'iniezione, da qui la presentazione della Ford Capri RS2600 da cui venne tratta la versione destinata alle competizioni automobilistiche Turismo.
Dopo ulteriori modifiche nella gamma dei motori, ripresentati nuovamente a carburatori anche per le maggiori cilindrate, tirando le somme delle vendite si può affermare che il modello ebbe un notevole successo commerciale, con l'uscita dalle catene di montaggio nell'agosto 1973 del primo milionesimo esemplare.
Caratteristiche tecniche : Carrozzeria: Coupé Posizione motore: anteriore longitudinale Trazione: posteriore
Dimensioni e pesi : Ingombri (lungh.×largh.×alt. in mm): 4300 × 1640 × 1330 Diametro minimo sterzata: 10,50 m Interasse: 2560 mm Carreggiate: anteriore 1340 - posteriore 1320 mm Altezza minima da terra: 150 mm Posti totali: 4 Bagagliaio: 360 dm³ Serbatoio: 48 l Masse / in ordine di marcia: 970 kg
Meccanica Tipo motore: 4 cilindri a V di 60° ciclo Otto corsa corta Cilindrata: (Alesaggio x corsa = 90 x 66,8 mm); 1699 cm³
Distribuzione: a 2 valvole comandate da aste e bilancieri con albero a camme centrale
Alimentazione: un carburatore doppio corpo Solex 32 TDID
Prestazioni motore Potenza: 90 CV SAE a 5.300 giri/min / Coppia: 14,9 mkg DIN a 2.500 giri/min
Accensione: Impianto elettrico: a 12 V, dinamo 350 W, batteria 44 Ah
Frizione: monodisco a secco Cambio: a 4 rapporti + RM
Telaio : Corpo vettura Scocca metallica autoportante Sterzo a cremagliera
Sospensioni : anteriori: a ruote indipendenti con tubi verticali di guida, bracci trasversali, barra stabilizzatrice, molle elicoidali e ammortizzatori idraulici telescopici posteriori: a ponte rigido con balestre semiellittiche, puntoni longitudinali di spinta e reazione e ammortizzatori idraulici telescopici
Freni : anteriori: a disco / posteriori: a tamburo; con comando idraulico, doppio circuito, servofreno a depressione e limitatore di frenata al retrotreno. Freno a mano sulle posteriori con comando meccanico
Pneumatici 165-SR x 13 Prestazioni dichiarate : Velocità: 154,729 km/h Accelerazione: 35,805 sec. sul km da fermo
Consumi a 80 km/h: 7,2 - a 120 km/h: 8,9 lt/100 km
Seconda serie: 1974-1977
Versioni Coupé Anni di produzione dal 1974 al 1977
Dimensioni e pesi : Lunghezza da 4240 a 4313 mm Larghezza 1698 mm Altezza 1357 mm Passo 2559 mm Massa 975-1140 kg
Auto simili : Alfa Romeo Giulia GT Fiat 124 Sport Coupé Lancia Beta Coupé Opel Manta Renault 15 e 17 Volkswagen Scirocco
Nel 1974 debuttò una versione dotata di carrozzeria totalmente ridisegnata, denominata Capri II.
Molto più pratica (grazie al portellone posteriore), la nuova Capri aveva linee assai più semplici e meno aggressive rispetto alla serie precedente. Anche gli interni erano nuovi, mentre la meccanica rimaneva quella dell'ultima evoluzione della prima serie, a parte l'adozione di freni a disco maggiorati.
I motori, ripresi dalla gamma Taunus e Granada, erano 4 o 6 cilindri (tutti con distribuzione monoalbero), con cilindrate comprese tra 1,3 e 3 litri, tutti dotati di alternatore.
L'ampia gamma di allestimenti disponibili (L, GL, S e Ghia) e l'estesa offerta di motorizzazioni costituivano uno dei punti di forza della Capri II. La gamma per l'Italia includeva le versioni 1.3 L (1.297 cm³, 60 CV), 1.6 L (1.593 cm³, 72 CV) 1.6 Ghia (1.593 cm³, 88 CV), 1.6 S (1.593 cm³, 88 CV), 2.0 S (1.993 cm³, 98 CV) e 3.0 V6 Ghia (2.994 cm³, 138 CV). Su richiesta era disponibile anche la versione 2.3 V6 Ghia (2.293 cm³, 108 CV).
La crisi petrolifera seguita alla guerra del Kippur (autunno 1973), che aveva cambiato radicalmente il modo di pensare della società europea (le coupé, da autovetture "alla moda", erano divenute simbolo di spreco e ostentazione fuori luogo), e la minor piacevolezza della linea non consentirono alla Capri II di ottenere il successo della prima serie. Come quest'ultima, la seconda serie venne venduta, fino al 1976, anche negli Stati Uniti, sotto il marchio della controllata Mercury.
Terza serie: 1977-1986
Versioni Coupé Anni di produzione dal 1977 al 1986
Dimensioni e pesi : Lunghezza da 4376 a 4439 mm Larghezza 1698 mm Altezza da 1323 a 1357 mm Passo 2563 mm Massa 1040-1250 kg
Auto simili : Opel Manta Volkswagen Scirocco
Il nome del progetto della Capri Mk3 fu "Project Carla". Il concept consistette in una Capri MkII, con un frontale simile alla Escort RS del periodo, e venne presentato nel 1976 al Salone di Ginevra. La terza versione della Capri introdusse un'aerodinamica migliorata, prestazioni incrementate (assieme a una riduzione dei consumi) e diversi cambiamenti estetici.
Al lancio, le combinazioni motore-trasmissione della Capri II vennero eliminate e il 3.0l S venne considerato il motore più desiderabile, abbinato a un cambio automatico nelle versioni Ghia.
La Ford iniziò a concentrarsi sul mercato inglese appena le vendite calarono, in quanto la Capri era un vero e proprio culto in Inghilterra. Venne così introdotto nel 1979 l'"X Pack" per le versioni sportive. Questi interventi, anche se costosi e dalle vendite lente, fecero sì che la stampa parlasse entusiasticamente della Capri e delle sue prestazioni.
Nel 1981, il 3.0 V6 venne pensionato, mentre un nuovo motore sportivo, il 2.8 Injection V6, venne presentato al Salone di Ginevra dello stesso anno. Come indicato dal nome stesso, il motore era caratterizzato dall'iniezione elettronica e aveva una potenza di 160 CV che garantiva una velocità massima di 210 km/h, anche se la trasmissione era ancora a quattro rapporti. La Capri 2.8 Injection portò nuova linfa alla gamma e permise al modello di rimanere in produzione per ben 3 anni in più rispetto a quanto programmato dalla Ford. Il cambio a quattro marce venne rimpiazzato da un'unità a 5 rapporti. Un altro aggiornamento sostanziale venne effettuato nel 1984 con la Capri Injection Special e comprendeva sedili per metà in pelle e un differenziale a slittamento limitato. Esternamente, la vettura si poteva distinguere grazie ai cerchioni sportivi a sette razze e al frontale in tinta con la carrozzeria anziché nero.
Anche se la Capri non faceva più parte di alcuna competizione sportiva, Ford of Germany sviluppò nel 1982 un'edizione limitata, solo con guida a sinistra, dotata di turbo e di 190 CV con una velocità massima di 220 km/h. Esteticamente fu molto aggressiva grazie al bodykit, mentre il motore e i cerchioni riportarono il simbolo "RS".
Un'altra versione speciale, la Tickford Capri, utilizzò il 2.8 Injection potenziato a 206 CV (al contrario della versione RS che montava un motore a carburatore derivato dalla Granada). Questa edizione speciale era molto lussuosa grazie agli interni completamente in pelle e alla moquette Wilton. Esteriormente possedeva un largo alettone posteriore, griglia anteriore colorata e un bodykit disegnato da Simon Saunders, il quale divenne in seguito designer alla KAT Designs e poi disegnatore della Ariel Atom. I freni posteriori erano a disco. Questo modello venne modificato a mano dagli operai della Tickford con tempi di 200 ore di lavoro per vettura. Uno dei problemi principali della Tickford Capri era il prezzo, circa il doppio di quello di una Capri Injection.
Dal novembre 1984, la Capri venne venduta solo in Gran Bretagna con guida a destra. Il 1.6 e il 2.0 vennero associati a un nuovo allestimento (Laser) con manopola del cambio e volante in pelle, finestrini elettrici e mascherina e specchietti retrovisori verniciati. L'ultima versione limitata era la Capri 280 prodotta in 280 esemplari con differenziale a slittamento limitato, interni Recaro completamente in pelle e cerchi a sette razze da 15". Vennero costruiti 1038 esemplari.
Quando l'ultima Capri venne costruita, il 19 dicembre 1986, venne calcolato che la produzione terminò con la fabbricazione di 1.886.647 esemplari tra le varie serie.
Da ultimo illustriamo un particolare modello Ford Capri , la Ford Capri Perana V8
La Ford Capri Perana V8 è una muscle car commercializzata in Sudafrica dal 1970 al 1972.
A differenza del modello classico europeo, monta un 5 litri V8 derivato da quello della Mustang e dalla Fairlane ed opportunamente adattato dalla Basil Green Motors di Johannesburg.
In particolare, il propulsore ha subito una rivisitazione e la potenza è stata aumentata da 156 a 210 kW. L'albero motore è tutto nuovo e di costruzione australiana. Le valvole sono state rinforzate anche per supplire al peso lievemente maggiorato.
Il cambio è praticamente quello della Mustang a quattro rapporti mentre l'impianto sterzante sfrutta componenti studiati dalla Basil Green. L'asse posteriore è fornito dalla Borg-Warner ed è dotato di anti slittamento. I freni rispetto al modello di origine hanno pastiglie con composizione più dura per i dischi anteriori e l'elaborazione è stata applicata anche alle sospensioni che sono state ribassate di circa un pollice e mezzo.
Il radiatore ha dimensioni più grandi ed è di derivazione Basil, così come gli scarichi. Le prestazioni sono elevate: accelerazione da 0 a 100 km/h in 7 secondi e velocità massima che si aggira intorno ai 230 km/h. Valori abbastanza alti per l'epoca.
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Maicol
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Inserito il - 14/11/2020 : 15:21:52
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Il Club, delle Ford Capri ne propone due.
Iniziamo da quella di Master Santini; Maurizio schiera la Capri Zackspeed Team Kraus Wurth D.R.M. Nurburgring Elfelrennen 1980
Questa vettura viene fornita di serie con banchino angolare con motore a coppia elevata Flat 6 da 20.000 giri / min, asse posteriore temperato, ingranaggio cilindrico ad alte prestazioni con pignone in ottone sull'albero motore, ruote in alluminio con mozzo grande con viti di fissaggio nella parte posteriore, ruote anteriori in plastica con altezza di marcia dell'asse anteriore regolabile, magnete al neodimio, boccole in ottone per l'asse posteriore. Compatibile con le parti Slot.it.
Grandi ruote con mozzo su questa vettura al posto delle piccole ruote con mozzo presenti su molte altre auto per aumentare ulteriormente l'accelerazione e la velocità massima.
Treccia da competizione stagnata argento.
La chiave a brugola per le ruote, l'ingranaggio e gli pneumatici in silicone extra sono inclusi sotto la base (per regolare l'asse anteriore, le ruote in alluminio e l'ingranaggio cilindrico).
Nero con sponsor Dunlop, Zakspeed e Shell.
Le auto sono molto dettagliate e ben rifinite.
Specifiche dell'auto : Scala 1:32 Corpo Plastica Lunghezza 152mm Altezza 35 mm Interasse 80mm Traccia anteriore 57mm Traccia posteriore 60mm Peso 82g Magnete sì Il motore Flat-6 20.500 giri / min Supporto motore Anglewinder Trasmissione 2WD Pignone / ingranaggio 28/11 Ruote anteriori Plastica Ruote posteriori Alluminio Pneumatici anteriori Gomma Pneumatici posteriori Gomma Luci No
La vera Capri Zackspeed Team Kraus Wurth D.R.M. Nurburgring Elfelrennen 1980
riguarda la seguente performance : Nürburgring Nordschleife, BRD Data: 27/4/1980 Lunghezza pista: 22.835 m Iscrizioni accettate: 42 Arrivati: 33 Pole position: Stommelen in 9.09,01 Giro più veloce: Stommelen in 7.59,23 = 171,540 kmh Distanza: 7 giri Velocità media: 151,802 mila chilometri all'ora Meteo: pista di essiccazione Set di regole: Gruppo 2 , 4 e 5 Auto: 1980
Dato che sia Heyer che Stuck hanno mancato le qualifiche (erano entrambi a Donington per la prima gara Procar dell'anno) hanno dovuto partire dal fondo del gruppo, che includeva Ludwig ma ora con un normale spoiler posteriore. Il suo appello era fallito, costandogli le prime due gare ma non la vittoria a Hockenheim. È stata una decisione difficile quali pneumatici utilizzare in gara; Jöst, Kremer e Loos hanno deciso per le umide, Zakspeed e Lancia per le slick. La griglia è stata, per la prima volta, combinata per le due divisioni, cosa che non ha aiutato soprattutto il Plankenhorn; a parte 5 vetture di serie 1, davanti a lui c'era anche Ertl, grazie alle prove sul bagnato. La macchina di Heyer ha perso una candela subito dopo la partenza, ma nonostante questo ha tagliato il campo fino a un eventuale quinto posto assoluto. Ma davanti c'era Stommelen, che guidava il campo dopo la partenza, come tante volte quest'anno. Ma da dietro è arrivato Stuck, 40 ° dopo l'inizio ma 7 ° dopo il primo giro! In testa ora Ludwig, con le slick, mentre le Porsche sono rimaste indietro: hanno dovuto cambiare le gomme. Anche Ertl è entrato, ma si è ritirato con un turbo rotto. Al terzo giro, Stuck è arrivato secondo, superando facilmente Dören e Merl, mentre Niedzwiedz ha rischiato di entrare in collisione con Stuck ma si è ripreso. Bloccato dietro di lui e partì per Ludwig, superandolo dopo il giro 6. Ma sul lungo rettilineo verso il traguardo Ludwig ne ha avuto abbastanza e ha superato di nuovo, vincendo la gara e la sua divisione. Stuck era secondo con Wollek terzo. Per il rennsport trophäe è stato vinto da Schurti (BMW M1) ma il punteggio pieno è andato anche a Lässig con una BMW M1. La piccola divisione è stata vinta da Selzer sulle bagnate; la sua fortuna è stata che ha ricominciato a piovere alla fine della gara, altrimenti Hamelmann montato in sella avrebbe vinto.
Purtroppo devo sospendere qui'.
Domani riprenderemo la continuazione dell'articolo.
Buon pomeriggio a tutti.
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Modificato da - Maicol in data 14/11/2020 15:23:51 |
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Maicol
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Inserito il - 15/11/2020 : 10:51:22
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Continuiamo la storia della Ford Capri Zackspeed Team Kraus Wurth D.R.M. Nurburgring Elfelrennen 1980. Questo il risultato della gara in questione :
Klaus Ludwig non ha dominato solo questa gara ma ha fatto un grandissimo campionato D.R.M. 1980 come si puo' vedere dalle prime tre posizioni della Classifica Generale finale di tutte le gare del Campionato :
Da auto di serie "per tutti" la coupé dell'Ovale Blu venne trasformata in una mostruosa auto da corsa grazie alle sapienti cure della Zakspeed. Velocissima, venne battezzata Wundercar dalla stampa tedesca.
La Ford Capri Zakspeed è una di quelle vetture, almeno per chi scrive questo articolo, che hanno avuto una aurea particolare, un fascino irresistibile a cavallo tra gli anni ’70 ed ’80.
Questa la grafica delle caratteristiche della vettura :
Probabilmente il suo sex appeal consiste nel fatto che da una vettura di serie molto diffusa, la Zakspeed tirò fuori un qualcosa di mostruoso e incredibilmente aggressivo. Se la Capri di serie, che abbiamo trattato di recente, aveva nelle versioni base meno di 60 CV, questa cugina supervitaminizzata toccò, nel suo massimo splendore, i 600 CV. Avendo chiuso in seguito alla crisi energetica il reparto corse di Colonia, che aveva schierato con successo le Capri nell’europeo turismo, la Ford dovette per forza affidarsi ad un preparatore esterno per dare l’assalto al DRM (Deutsche Rennsport Meisterschaft), il campionato turismo tedesco di allora... Ford cercava un preparatore esterno: scelse Zakspeed
La scelta del partner non poteva che ricadere sulla Zakspeed, l’atelier di Erich Zakowski che aveva vinto dal ’72 (anno inaugurale) al ’76 tutte le edizioni di questo campionato, la prima con la Capri e le altre con la Escort.
Dal ’77 il DRM segnò una svolta regolamentare, consentendo la partecipazione alle potenti vetture Gruppo 5, caratterizzate da ampia libertà regolamentare, dividendole in due categorie: la Divisione 2 per vetture fino a 2000 cc e la Divisione 1 fino a 4000cc (con moltiplicatore 1,4 per i turbo).
La Ford riteneva che partecipare a questa serie, molto seguita dal pubblico, potesse rilanciare l’immagine in Germania della Capri, in difficoltà di vendite nonostante il recente restilying.
La decisione fu quella di competere nella classe fino a 2000 cc, con un propulsore sovralimentato; siccome per regolamento il motore doveva essere di derivazione di serie, si partì dal vetusto quattro cilindri 1600 cc “Kent”, diminuendone la cilindrata a 1427cc e dotandolo di doppio turbo KKK, Intercooler Garret, iniezione Bosch e testata a 16 valvole. Il lavoro di elaborazione, che portò la potenza massima di questa prima versione a circa 380 CV (modificabile con un turbo boost dal pilota) non fu, come ci si può immaginare, semplice...e la Capri incontrò alcune rotture spettacolari nelle prime gare. Problemi risolti comunque abbastanza velocemente, grazie anche al passaggio dalla soluzione biturbo ad una unica turbina più grande. Con un evoluzione continua, il motore 1400 arriverà nel 1980 a superare i 450 CV! “Il lavoro di elaborazione, che portò la potenza massima di questa prima versione a circa 380 CV (modificabile con un turbo boost dal pilota) non fu, come ci si può immaginare, semplice...e la Capri incontrò alcune rotture spettacolari nelle prime gare”
Nulla era di serie
Il telaio non aveva nulla a che spartire con quello di serie, ricostruito a gabbia di tubi di alluminio, ed il pilota era posizionato quasi al centro per una migliore distribuzione dei pesi. Il corpo vettura era totalmente rivisto per assecondare la messa a terra dei cavalli, con enormi gomme e largo uso di alettoni studiati in galleria del vento. Assieme alla ricerca di potenza, si lavorò in maniera maniacale per ridurre il peso: il regolamento prevedeva che la parte centrale del telaio dovesse essere di serie; rispettato questo parametro, alla Zakspeed sostituirono tutto il possibile con Kevlar (le portiere ad esempio pesavano il 30% di quelle di serie), alluminio e titanio. Anche le sospensioni, che mantenevano per regolamento lo schema originale, furono interamente riviste, puntando alla massima leggerezza. Perfino i cavi della strumentazione furono sostituiti con ricorso a sottili materiali di derivazione aeronautica. Tutto questo lavorò fruttò un responso della bilancia di soli 790 kg.
Fu soprannominata Wundercar
Nel 1978 la “Wundercar”, come la definì la stampa, debuttò a fine stagione, vincendo l’ultima prova al Nurburgring, dovè girò in 7’44”, 25 secondi più veloce della Capri che correva il campionato europeo turismo. Nel 1979 la vettura si aggiudico con facilità il titolo in Divisione 2 con Hans Heyer (altri piloti erano Ertl e Quester), ma nella classifica assoluta , che teneva in considerazione il migliore punteggio acquisito nelle due categorie, fini dietro la Porsche 935 di Stommelen, che in Divisione 1 vinse tutto, non avendo di fatto avversari (mentre la Capri trovava valida opposizione da parte delle 320 Turbo Schnitzer).
Così fu quasi gioco forza per la Ford nel 1980 decidere di schierare una Capri anche in Divisione 1, portando la cilindrata a 1700cc e rimontando il doppio turbo. La potenza salì fino a circa 600 CV, capaci di spingere agevolmente la macchina a 300Km/h. Sebbene avesse 200 CV in meno rispetto alle 935, la più moderna, leggera ed aerodinamica Ford, pilotata da Klaus Ludwig, si dimostrò subito competitiva. Nonostante le cinque vittorie ed il titolo in Divisione 1, Ludwig si vide però sfuggire il titolo assoluto, arrivando solo terzo, in quanto i punti raccolti nelle prime due gare furono annullati per via di un alettone troppo largo. Il duello Capri/935 in divisione 1 non portò beffardamente benefici alla Capri 1400 di Niedzwiedz, ma bensì alla Lancia Beta Montecarlo Turbo “Fruit of the Loom” del transfuga Heyer, che si aggiudicò la divisione più piccola ed il maggiore numero di punti, davanti alla 320 Turbo di Hans Joachim Stuck.
Arrivò anche l'effetto suolo
Nel corso della stagione la Zakspeed aveva ulteriormente sviluppato la vettura, con una esasperata ricerca di effetto suolo, ricorrendo a minigonne del tutto simili a quelle delle Formula 1: soprattutto nei primi giri, fornivano alla Capri un notevole vantaggio, salvo poi rovinarsi e perdere efficacia durante la gara. Inoltre furono limati altri 10 Kg.
Erano davvero pochi gli elementi in comune tra la Capri da corsa e quella stradale
Nel 1981, dopo la cocente delusione subita l’anno precedente, Ford doveva vincere assolutamente il campionato. La missione venne finalmente compiuta a pieno, centrando addirittura la tripletta: Manfred Wincklehoch con la 1700 vinse la Divisione 1 (dove oltre alle 935 era arrivata la temibile BMW M1) con sei vittorie, Klaus Ludwig, passato alla 1400, la Divisione 2 ed il titolo, con 11 vittorie. Fu dunque un dominio assoluto, arrivato in extremis, perché dal 1982 furono introdotti i prototipi Gruppo C, che relegarono nelle retrovie i Gruppi 5 e segnarono bruscamente la fine del dominio Capri e la scomparsa di una delle vetture più affascinanti mai viste nelle corse per derivate di serie.
La Zakspeed è stata una scuderia tedesca, emanazione dell'azienda Zakspeed che per alcuni anni è stata attiva anche in Formula 1.
A tal proposito ecco una bella statistica di dati :
Dopo un lungo impegno nel Deutsche Rennsport Meisterschaft, campionato tedesco dove elaborava le Escort e Ford Capri versione "Gruppo 5" con le quali vinse vari campionati sia assoluti, sia nella classe 2000 grazie alle doti del motore 4 cilindri elaborato in casa per conto della casa statunitense. Si trattava di un motore derivato dal Ford-Cosworth BDA 1.6 dei primi anni '70.
Nel 1982 il motore 4 cilindri turbo venne testato su una Ford C100 di Gruppo C, ribattezza Ford C1/4. La vettura corse alcune gare del DRM dell'anno successivo, mentre la casa statunitense rinunciava alla partecipazione al mondiale, peraltro basata su una evoluzione del motore aspirato Cosworth DFV, chiamata "DFL". Non è chiaro se tali test fossero finalizzati ad un impegno in Formula 1 sotto le insegne ufficiali della Ford nel 1983 o 1984. Impegno che non avvenne e portarono la Zakspeed a sviluppare il motore in modo autonomo. Venne percorsa la strada della vettura interamente costruita in casa, come la Ferrari, compreso il motore.
Nacque così il motore Zakspeed 1500/4, mentre la Ford si rivolse alla Cosworth per la realizzazione di un sei cilindri turbo che arriverà solo a metà 1986 sulla Lola THL2 del team Haas.
1985 Grazie alla sponsorizzazione da parte della West Zakowski fa esordire la sua monoposto, modello 841, nel 1985 con Jonathan Palmer al volante. Il progetto fu completato con un anno di ritardo. La fragilità del propulsore penalizzerà la vettura che, pur qualificandosi sempre, non saprà conquistare punti.
1986 Paul Brown preparò l'anno seguente il modello 861 che però era ancora troppo poco competitivo. Dal Gran Premio di San Marino verrà schierata una seconda vettura, pilota Huub Rothengatter, che però non si qualificherà, prima mancata qualifica per una Zakspeed.
1987 Nel 1987 vengono ingaggiati Martin Brundle e Christian Danner. Ottimo inizio con Brundle che a Imola conquista i primi due punti per la scuderia, che però saranno anche gli ultimi della scuderia, che per il resto dell'anno si avvicinò più volte alla zona punti senza però entrarci dentro di nuovo. La vettuta, la 871 era disegnata da Chris Murphy e Heinz Zollner.
1988 Nel 1988 la nuova vettura, modello 881, fu pronta già dal primo gran premio stagionale. I piloti sono Piercarlo Ghinzani e Bernd Schneider. La stagione sarà disastrosa con le vetture che faranno fatica a qualificarsi, e che, se anche qualificate, non vedranno l'arrivo per i soliti problemi di affidabilità.
1989 L'anno dopo verrà abbandonata l'idea del motore in proprio e verrà montato un motore Yamaha, all'esordio in formula 1. La 891 però è ancora meno competitiva. Schneider si qualificherà solo due volte mentre il giapponese Aguri Suzuki per 16 volte non passerà le prequalifiche.
Dopo la Formula 1 La scuderia tornò a competere nelle gare per vetture turismo in particolare nel Deutsche Tourenwagen Meisterschaft negli anni '90 e poi nel rinato campionato rinominato Deutsche Tourenwagen Masters oltre che nel Campionato FIA GT.
Causa difficoltà economiche ha chiuso i battenti nel 2010.
La Ford Capri è senza dubbio uno dei più grandi eroi della classe operaia mai abbellita nelle isole britanniche. La sua posizione qui nel Regno Unito era simile a quella che aveva la Mustang nella gerarchia automobilistica americana, poiché portava potenza ed eccitazione alle persone con aplomb senza tempo.
Le linee classiche di Capri sono una mascotte che incarna la natura stessa di un eroe della classe operaia. Ma se c'è una cosa che ha il potere di vendere auto e di imporre ancora più eroismo a un'auto, è la connessione tra l'auto che stai acquistando con un'auto che sta conducendo guerre esotiche sui circuiti da corsa del mondo, uscendo dalla battaglia. vittorioso, guardando fuori dal mondo nel processo. E grazie alla scuderia tedesca Zakspeed, la Capri aveva un eroico fratello che combatteva Porsche, BMW e Lancia nel campionato tedesco di corse. Quel membro della famiglia mentale era la Zakspeed Ford Capri Turbo. E questa è la storia di quell'auto.
Uscendo dagli anni '60, il successo di Ford a Le Mans ha dato loro la reputazione di sconfiggere i produttori esotici in pista con i muscoli e l'ingegno di uomini che lavorano. Ma nel 1973, la crisi petrolifera attanagliò il mondo, cosa che nemmeno Ford fu in grado di sfuggire. L'impatto che aveva portato alla chiusura della fabbrica Ford di Colonia, che era dove si trovava il loro impianto di corsa europeo. Ma mentre la Ford stessa non portava le loro auto per correre, altre squadre indipendenti lo erano, una delle quali era la squadra tedesca Zakspeed.
Tra tutti i team che avevano utilizzato Ford per le corse, Zakspeed si è distinto per la loro storia e il successo con il marchio. Negli anni '70, una Zakspeed MK1 Escort RS1600 che era stata sviluppata in collaborazione con Ford ebbe un bel successo, vincendo il campionato europeo di auto da turismo nel 1974 e 4 titoli DRM consecutivi (questa è la Deutsche Rennsport Meisterschaft per chiunque abbia voglia di una sfida linguistica) tra il 1973 e 1976. Nel 1977, tuttavia, le strade vincenti di Zakspeed terminarono, grazie alla fastidiosa interferenza dei cambiamenti regolamentari.
Fino al 1977, le regole del DRM - che è il predecessore del DTM di oggi - consentivano solo le auto da turismo del Gruppo 2 e le gare del Gruppo 4 GT. Nel '77, tuttavia, i teppisti turbo del Gruppo 5 furono autorizzati a correre. All'improvviso, è stata una partita molto diversa.
La Porsche 935 Twin-Turbo è spesso vista come una delle armi più famigerate del Gruppo 5. Con il suo motore acceso per produrre 845 CV semplicemente strabilianti, aveva la grinta necessaria per allontanarsi in modo pulito dalle vetture di Formula 1 del giorno in cui la strada era dritta. Con una nemesi così mostruosa, penseresti che Ford non vorrebbe preoccuparsi di provarci. Forse paragoneresti un tentativo di battere la Porsche come qualcosa di simile a Terry McCann che si schiera con Ivan Drago. Ma al contrario, con il cambio di regola che cadeva solo un anno prima del rilascio della MK3 Capri, Ford ha telefonato a Zakspeed e li ha istruiti sui loro desideri che la Capri potesse competere a questo altissimo livello.
Le regole del gruppo 5 stabilivano che il pilota deve essere basato su un'auto da strada, deve assomigliare all'auto stradale su cui si basa da sopra i passaruota e che il motore deve essere estratto direttamente da un'auto di produzione in qualsiasi punto della gamma del produttore. Ciò che Zakspeed ha finito per creare è stata un'auto da corsa che sembrava andare a un milione anche quando era parcheggiata ferma. Era un'auto che faceva sembrare la Batmobile conservatrice come una stanza della magnolia. E questo è dovuto principalmente a due fattori che definiscono visivamente il Gruppo 5: un corpo abbastanza basso da sembrare affondato e più aerodinamico di quanto l'auto sappia cosa farne.
A parte la linea del tetto sopra i passaruota, gli unici altri indizi visibili che il corridore Zakspeed fosse una Capri erano le luci posteriori e la griglia anteriore con i fari. Sorprendentemente, tuttavia, quella griglia non era qualcosa che Zakspeed doveva tenere se non volevano. A causa dell'input di Ford, tuttavia, hanno pensato che l'aggiunta della griglia avrebbe reso l'auto più riconoscibile come una Capri, il che le avrebbe dato più un collegamento con l'auto stradale, aiutando le vendite.
Per farlo, tuttavia, doveva funzionare estremamente bene dove contava. E Zakspeed prendeva le cose molto sul serio. Prima che il corridore fosse prodotto correttamente, sono stati utilizzati modelli in scala per trovare la rigidità e l'equilibrio ottimali del telaio. Lo stesso telaio a grandezza naturale era un telaio spaziale in alluminio, che insieme al roll-bar pesava solo 165 libbre (75 kg).
La leggerezza è stata di fondamentale importanza nella realizzazione della Zakspeed Capri. La maggior parte dei pannelli della carrozzeria erano realizzati in plastica rinforzata con Kevlar e l'alluminio utilizzato per il pavimento dell'abitacolo era così tremendamente sottile che la pressione causata dalle impronte di un insetto di passaggio sarebbe stata sufficiente a deformarlo. Come risultato di questa fragilità, è stato necessario incorporare dei martinetti pneumatici nell'auto, poiché sollevarlo nel modo convenzionale avrebbe fatto piegare il pavimento a forma di una montagna di alluminio nell'abitacolo.
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Modificato da - Maicol in data 15/11/2020 11:05:07 |
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Maicol
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Inserito il - 21/11/2020 : 05:52:48
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Come dicevamo l'altra Ford Capri e' una gemella della vettura schierata da Santini in tutto e per tutto.
Sia per caratteristiche di marca Ford, che per configurazioni sportive sia reali che slot car.
Potete ammirarla fotograficamente :
Analizzandola dettagliatamente si puo' notare la maestria da carrozziere del Professor Pedulla Riccardo, l'Irriducibile. Il proprietario di questo bolide in possesso di un'officina altamente specializzata sia in meccanica che in ricostruzione grafica e metallica.
Si ringrazia per la perfetta realizzazione l'intervento dei necessari sponsor : Beck's, Good Year, Agip , Hella e Facom opportunamente messi in bella vista dal pilota biancazzurro sulla personalissima livrea grigiorosso a leggera venatura verde numerata 7 in onore del grande Garlaschelli.
Un plauso a Pedulla e a presto risentirci.
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Maicol
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Inserito il - 21/11/2020 : 12:19:48
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A questo punto e' rimasta solo la Lancia Beta Montecarlo da illustrare nelle vetture scese in pista tra gare e prove della Gruppo 5 2020 al Campidoglio Racing Slot Club.
Auto usata in pista in gara da Paolo Renzi con la Lancia Beta Montecarlo Turbo Giro d'Italia 1979 :
qui' sulla pista appiese :
e qui' sulle vere strade della gara in questione :
Auto anche usata, pero' solo in prova, da Riccardo Pedulla ; la Lancia Beta Montecarlo Team GS Sport DRM Winner 1980 :
qui' sulla pista slot :
qui', invece, sulla pista del campionato D.R.M. 1980 :
Pero' l'attento staff editoriale si e' accorto che nell'esposizione del panorama delle B.M.W. 320 e' mancata l'illustrazione della B.M.W. 320 GS Tuning Team D.R.M. 1978 che Pedulla Riccardo ha usato nelle prove e di cui andremo, quanto prima, ad illustrarne le caratteristiche :
Eccola qui' in pista al club :
e qui' sulle reali strade di gara :
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Modificato da - Maicol in data 21/11/2020 12:37:56 |
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Maicol
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Inserito il - 21/11/2020 : 13:31:31
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Sicuramente gara non fortunata come poi ha dimostrato l'epilogo del suo pilota Markus Hottinger.
Questa la scheda tecnica della gara :
Ordine di arrivo della Race Div.II :
Did not finish , dove c'e' la nostra B.M.W. 320 di Hottinger :
Did not start :
Did not qualify :
Entered cars that did not arrive :
Questo e un piccolo riepilogo delle caratteristiche tecniche messe in pista :
BMW 320 Team GS-Tuning Fruit of the Loom D.R.M. Norising 1978 Carrozzeria chiusa Motore anteriore Driven by: Markus Höttinger (A) Result: did not finish (Accident) Griglia di partenza: 7th in Div.II race (55.400) Sponsors: FRUITS OF THE LOOM , Herren wäsche Colours: blue Tyres: Goodyear
Interessante e' la piccola storia del driver : Markus Höttinger (28 maggio 1956 - 13 aprile 1980) era un pilota austriaco di Formula Due morto all'Hockenheimring in Germania durante il terzo giro del secondo round del Campionato Europeo di Formula Due del 1980, il 13 aprile 1980. Aveva 23 anni al tempo. L'incidente è avvenuto quando una ruota libera dell'auto di Derek Warwick ha colpito la testa di Höttinger, uccidendolo quasi all'istante. [1] La corsa è stata interrotta (bandiera nera esposta con bandiera a scacchi) quando è diventato evidente la gravità dell'incidente. L'incidente è stato simile all'incidente mortale di Henry Surtees in Formula Due a Brands Hatch nel 2009.
Eccolo nella sua vettura :
Questa e' la splendida ricostruzione Racer Sideways :
BMW 320 Turbo Gr.5 GS Tuning Norisring DRM 1978
Sideways Racer RCSW42 B.M.W. 320 Turbo Gruppo 5 Team GS Tuning D.R.M. Norising 1978 M. Hottinger N° 57 Il telaio è compatibile con tutti i supporti motore Slot.it e l'offset si ottiene semplicemente sostituendo il banchino. La configurazione di serie è con un offset da 0,0.
Il modelli Sideways Gruppo 5 utilizzano: - motore Slot.it Flat-6S giallo - cerchi in alluminio al posteriore - cerchi in plastica all'anteriore
Caratteristiche del supporto motore Sideways: - può lavorare fissato al telaio con 3, 4, 5, 6 o 7 viti - compatibile per l'utilizzo delle sospensioni Slot.it - utilizza nuove boccole di precisione Sideways - le boccole sono montate su supporto assale separato
Parti opzionali presenti sotto la basetta: - adattatori per motori cassa lunga standard - adattatore anteriore per utilizzo supporto motore a 4 o 6 viti - supporto assale-boccole offset da 0,5 e 1,0
Per Piste in Scala 1:32 e 1:24 Materiale Plastica ABS Luci No Magnete Neodimio Sistema Analogico Motore Flat-6 Giallo 20.500 rpm Meccanica 3/32'' - 2.38 mm Trasmissione Posteriore tipo Anglewinder Rapporto 11 : 28 Cerchi Anteriori in plastica, Posteriori in alluminio Scala 1 : 32 No sospensioni Anno di produzione 2016
Questa vettura GS Tuning sostenuta da Fruit of the loom è stata guidata al round Norisring del DRM nel 1978 da Markus Hottinger.
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irriducibili
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Inserito il - 30/11/2020 : 08:01:52
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Peccato non averla potuta testare in gara era pronta per scendere in pista ,ma poi e arrivato lo stop e tanti saluti
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Riki |
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Maicol
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Inserito il - 03/12/2020 : 08:23:41
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Eh gia', caro Riccardo.
Ora passiamo alla Lancia Beta Montecarlo Turbo
Costruttore Lancia Categoria Campionato del mondo sport prototipi Classe Gruppo 5 Squadra Lancia Corse Martini Racing Sostituisce Lancia Stratos Turbo Sostituita da Lancia LC1
Risultati sportivi: Debutto 1000 km di Silverstone 1979 Piloti Patrese, Röhrl, Alboreto, Cheever, Facetti, Heyer, Ghinzani Palmares Corse Vittorie Pole Giri veloci 31 4 1 0 Campionati costruttori 2 (1980, 1981)
Caratteristiche tecniche per la Litri 1.4: Configurazione Carrozzeria: coupé due posti Posizione motore: centrale trasversale Trazione: posteriore
Dimensioni e pesi Ingombri (lungh.×largh.×alt. in mm): 4600 × 1990 × 110 Diametro minimo sterzata: Interasse: 2300 mm Carreggiate: anteriore 1440 - posteriore 1570 mm Posti totali: 2 Masse / in ordine di marcia: 890 kg
Meccanica Tipo motore: 4 cilindri in linea Cilindrata: 1425,9 cm³
Distribuzione: bialbero a camme in testa, 4 valvole per cilindro Alimentazione: Iniezione meccanica Kugelfischer-Bosch con turbocompressore KKK-K27 Prestazioni motore Potenza: 420-450 CV a 8500 giri/minuto / Coppia: 50 kgm a 6600 giri/minuto
Accensione: elettronica Marelli Frizione: bidisco a secco Cambio: 5 rapporti e retromarcia
Telaio Corpo vettura monoscocca centrale portante in acciaio Sospensioni anteriori: indipendenti con barra stabilizzatrice / posteriori: indipendenti con barra stabilizzatrice Freni anteriori: a disco autoventilanti forati / posteriori: a disco autoventilanti forati Pneumatici anteriori: 220/615x16 / posteriori: 300/700x19 Prestazioni dichiarate Velocità: oltre 300 km/h
Colorazione ufficiale Presentazione: nero-rosso (1978) ASA Corsa Marche 38: bianco-nero e rosso-nero (1979) Lancia Corse: rosso-bianco e blu-bianco (1980) Martini Racing: bianco-rosso-azzurro (1981)
Caratteristiche tecniche per la Litri 1.7 Configurazione Carrozzeria: coupé due posti Posizione motore: centrale trasversale Trazione: posteriore
Dimensioni e pesi Ingombri (lungh.×largh.×alt. in mm): 4600 × 1990 × 110 Interasse: 2300 mm Carreggiate: anteriore 1440 - posteriore 1570 mm Posti totali: 2 Masse / in ordine di marcia: 890 kg
Meccanica Tipo motore: 4 cilindri in linea Cilindrata: 1773 cm³ Distribuzione: bialbero a camme in testa, 4 valvole per cilindro Alimentazione: Iniezione meccanica Kugelfischer-Bosch con doppio turbocompressore
Prestazioni motore Potenza: 500 CV
Accensione: elettronica Marelli Frizione: bidisco a secco Cambio: 5 rapporti e retromarcia
Telaio Corpo vettura monoscocca centrale portante in acciaio Sospensioni anteriori: indipendenti con barra stabilizzatrice / posteriori: indipendenti con barra stabilizzatrice Freni anteriori: a disco autoventilanti forati / posteriori: a disco autoventilanti forati Pneumatici anteriori: 220/615x16 / posteriori: 300/700x19 Prestazioni dichiarate Velocità: oltre 300 km/h
Colorazione ufficiale Lancia Corse:rosso-bianco e blu-bianco (1980)
Caratteristiche tecniche della Litri 2.0 Configurazione Carrozzeria: coupé due posti Posizione motore: centrale trasversale Trazione: posteriore
Dimensioni e pesi Ingombri (lungh.×largh.×alt. in mm): 4600 × 1990 × 110 Interasse: 2300 mm Carreggiate: anteriore 1440 - posteriore 1570 mm Posti totali: 2 Masse / in ordine di marcia: 890 kg
Meccanica Tipo motore: 4 cilindri in linea Cilindrata: 2001 cm³ Distribuzione: bialbero a camme in testa, 4 valvole per cilindro Frizione: bidisco a secco Cambio: 5 rapporti e retromarcia
Telaio Corpo vettura monoscocca centrale portante in acciaio Sospensioni anteriori: indipendenti con barra stabilizzatrice / posteriori: indipendenti con barra stabilizzatrice Freni anteriori: a disco autoventilanti forati / posteriori: a disco autoventilanti forati Pneumatici anteriori: 220/615x16 / posteriori: 300/700x19
Prestazioni dichiarate Velocità: oltre 300 km/h
Colorazione ufficiale Lancia Corse:rosso-bianco e blu-bianco (1980)
La Lancia Beta Montecarlo Turbo è un'automobile da competizione classificata come Gruppo 5, progettata dalla Lancia nel 1978 per gareggiare nel Campionato del mondo sportprototipi, all'epoca denominato Mondiale marche. Con questa vettura la Lancia ha vinto i campionati del 1980 e del 1981.
Contesto storico Per promuovere e incentivare le vendite della Beta Montecarlo, una piccola coupé stradale presentata nel 1975, la Lancia sviluppa due versioni da competizione[1]. Nel 1978 nasce la Beta Montecarlo Turbo, una silhouette Gruppo 5 per gareggiare nel Campionato Mondiale Marche, e nel 1981 viene presentata la 037 per il Campionato del mondo rally[1]. Le due vetture hanno in comune, oltre all'origine, i grandi successi ottenuti nelle rispettive specialità[1].
Ecco la Beta Montecarlo coupé stradale
La Federazione Internazionale dell'Automobile e la Commissione Sportiva Internazionale nel 1973 cambiano completamente i regolamenti del Mondiale Marche che dal 1976 sarà riservato alle silhouette invece che ai prototipi cui verrà dedicato un Campionato parallelo[2]. Il nuovo regolamento impone che le vetture denominate Gruppo 5 vengano realizzate su una scocca di serie e che rispettino le linee dell'automobile stradale da cui derivano potendo elaborare motore, telaio e carrozzeria senza limitazioni[2]. Il Campionato vede le Gruppo 5 suddivise in base alla cilindrata in Divisioni che dal 1978 sono due, oltre ed entro i due litri[2][3]. Il regolamento prevede che vengano assegnati gli stessi punti in ogni Divisione concedendo a vetture di qualunque cilindrata la possibilità di vincere il Titolo assoluto, oltre a quello di Divisione[2]. Dal 1978 vengono ammessi al Campionato anche i prototipi che però non possono ottenere punti validi per il Campionato potendo solo puntare alla vittoria nelle singole gare[3]. Negli anni settanta la Lancia partecipa al Mondiale Marche con la Stratos affidata a squadre private ottenendo alcuni successi di categoria oltre a una vittoria assoluta alla Targa Florio non più valida per il Campionato[4]. Nel 1978 la Lancia decide di impegnarsi ufficialmente realizzando la Lancia Beta Montecarlo Turbo, sulla base della piccola Beta Montecarlo coupé stradale, che parteciperà al Campionato dal 1979 nella categoria fino a due litri[1][3].
Sviluppo tecnico La Beta Montecarlo Turbo deriva dalla Beta Montecarlo coupé, berlinetta stradale a due posti con motore e trazione posteriori, adeguatamente trasformata in silhouette[1].
Ecco il posteriore di una Beta Montecarlo Turbo
La carrozzeria studiata dai tecnici Pininfarina viene costruita con materiali compositi e resine artificiali e pur mantenendo la somiglianza con quella originale viene esasperata con spoiler, minigonne e alettoni[1]. L'ingegnere Gian Paolo Dallara progetta e realizza un telaio monoscocca portante in acciaio e alluminio con un'intelaiatura anteriore per l'avantreno e una posteriore per retrotreno e motore[1]. Vengono montate sospensioni a ruote indipendenti con barra stabilizzatrice anteriore e ammortizzatori doppi al posteriore, freni a disco forati e cerchi in lega anteriori da 16 pollici anteriori e posteriori da 19[1]. La parte motoristica viene seguita da Gianni Tonti dell'Abarth e Claudio Maglioli e Nicola Materazzi della Lancia[1][3]. Nella fase sperimentale i meccanici provano a installare nella Montecarlo il quattro cilindri boxer della Lancia Gamma, anche in versione sovralimentata, ma viene quasi subito abbandonato in favore di un nuovo quattro cilindri turbocompresso di 1,4259 litri (pari a 1996,3 cm³ secondo il coefficiente di incremento della cilindrata di 1,4 previsto per i motori sovralimenti) in grado di erogare 480 CV a 7200 giri al minuto nella versione da gara ma, che nei test di resistenza e durata era arrivato a sviluppare 540 CV girando al massimo dei giri per cinque ore prima di cedere[1]. In alcune gare del 1980 viene utilizzato un motore con cilindrata leggermente maggiorata di 1,4294 litri (pari a 2001 CC) per rientrare nella categoria superiore ai 2000 cm³ ed erodere punti alle Porsche[3], mentre nel 1981, si prova un 1773 cm³ che incrementa la potenza di 10 CV[1]. Il motore viene abbinato a un cambio manuale a cinque rapporti e retromarcia con differenziale autobloccante e frizione bidisco a secco[1]. Il 18 dicembre 1978, nella galleria del vento degli stabilimenti torinesi di Pininfarina, viene presentata ufficialmente la Lancia Beta Montecarlo Turbo che parteciperà al Campionato Mondiale Marche[5][6]. Nel febbraio del 1979, il primo pilota assunto dalla Lancia, Riccardo Patrese incomincia i collaudi in pista e il 22 aprile, in occasione del Fiat Day all'Autodromo di Vallelunga, porta per la prima volta la macchina in pista pubblicamente[5][6].
Storia agonistica
1979
La gestione delle Beta Montecarlo Turbo in gara viene affidata all'esperienza e professionalità di Daniele Audetto, ex Direttore sportivo Ferrari e successivamente a Cesare Fiorio, già Direttore Sportivo plurititolato con Lancia e Fiat nel Campionato del mondo rally[3]. Per la prima stagione, il 1979, assume Riccardo Patrese che partecipa anche allo sviluppo e ai collaudi[5], Walter Röhrl, Carlo Facetti, Eddie Cheever, Giorgio Pianta e Markku Alén, piloti provenienti da competizioni su pista e su strada[3][7]. Le vetture vengono iscritte alle corse per la scuderia ASA Corsa Marche 38[7]. Nel Mondiale Marche del 1979 la avversarie della Lancia sono le BMW 320i, nella divisione fino a due litri, e le Porsche 935 e 911 RSR[3].
Ecco la Beta Montecarlo Turbo al Giro d'Italia del 1979
La Montecarlo esordisce nel Mondiale Marche il 6 maggio 1979 alla 6 Ore di Silverstone pilotata da Patrese e Röhrl[5][6] che sono costretti al ritiro per problemi al motore dopo quattro giri. Alla successiva 1000 km del Nürburgring lo stesso equipaggio ottiene il diciottesimo posto[9] mentre alla 6 Ore di Pergusa Patrese e Facetti ottengono la pole position, il secondo posto assoluto, la vittoria di classe e divisione battuti solo da un prototipo Osella-BMW[10]. Alla 6 Ore di Brands Hatch Patrese e Röhrl sono quinti assoluti e primi di divisione[11], mentre le due vetture iscritte alla 6 Ore di Vallelunga per le coppie Cheever-Röhrl e Pianta-Alén e si ritirano per problemi al cambio[12]. La Lancia si aggiudica il Titolo Costruttori nella divisione fino a due litri con 50 punti contro i 32 della BMW e i 30 della Ford[13]. Le due vetture iscritte al Giro automobilistico d'Italia per la Scuderia Abarth e pilotate dagli equipaggi Villeneuve-Röhrl-Geistdorfer e Patrese-Alén-Kivimäki vengono squalificate per aver percorso un tratto di autostrada durante un trasferimento[14].
1980
Il Mondiale Marche del 1980 vede come protagoniste le Porsche 935, senza rivali nella Divisione oltre i due litri, e le Lancia Beta Montecarlo, che gareggiano praticamente da sole non avendo avversari in grado di lottare né per la vittoria nelle singole prove né per il campionato nella divisione entro i due litri[3].
Questa la Beta Montecarlo Turbo Lancia Corse in gara nel 1980
La Lancia schiera due Beta Montecarlo Turbo ufficiali Lancia Corse, gestite da Cesare Fiorio e portate in gara da Riccardo Patrese, Walter Röhrl, Eddie Cheever e Michele Alboreto, occasionalmente sostituiti da altri piloti, e una del Jolly Club per Carlo Facetti e Martino Finotto[7]. La Lancia partecipa a dieci delle undici prove del Mondiale ottenendo altrettante vittorie nella divisione entro i due litri: Facetti e Finotto vincono la 24 Ore di Daytona[15], Patrese e Röhrl la 6 Ore di Brands Hatch dove sono anche primi assoluti[16], Röhrl e Alboreto la 6 Ore del Mugello[17], ancora Patrese con Röhrl la 1000 km di Monza[18], Alboreto e Röhrl la 6 Ore di Silverstone[19], Patrese e Heyer la 1000 km del Nürburgring[20], Facetti e Finotto la 24 Ore di Le Mans[21], nuovamente Patrese e Heyer la 6 Ore di Watkins Glen[22], Röhrl e Heyer la 6 Ore di Mosport[23], Darniche e Pianta la 6 Ore di Vallelunga[24]. Alla 6 Ore del Mugello e di Vallelunga Patrese e Cheever gareggiano con una Montecarlo dotata di un nuovo motore con cilindrata di 2001 cm³ e centrano la vittoria nella divisione oltre i due litri e al Mugello anche quella assoluta[3][7]. La Lancia ottiene quindi tre vittorie assolute come la Porsche, due nella divisione oltre i due litri, dove la 935 ne vince nove, e dieci nella divisione inferiore. Le due squadre ottengono lo stesso punteggio e si aggiudicano il titolo nelle rispettive divisioni e la Lancia grazie alle maggiori vittorie di divisione conquista il suo primo Campionato Mondiale Marche[3][13]. Tre Beta Montecarlo partecipano al Giro d'Italia e le due ufficiali si piazzano al primo e secondo posto con Patrese, Alén e Kivimäki che precedono Alboreto, Bettega e Bernacchini[25]. Alcune squadre private partecipano con la Montecarlo a Campionati nazionali e gare non titolate riuscendo a ottenere vittorie assolute e di categoria[7].
La Beta Montecarlo Turbo nella livrea del Martini Racing impegnata sul circuito del Mugello nel 1980
1981
Nel 1981 la Lancia si trova ancora senza rivali nella divisione fino a due litri, mentre in quella superiore si sfidano le solite Porsche 935 e le BMW M1[3]. Per il Campionato mondiale marche del 1981 le Beta Montecarlo ufficiali vengono gestite dal Martini Racing, dirette in gara da Cesare Fiorio e pilotate tra gli altri da Riccardo Patrese, Michele Alboreto, Piercarlo Ghinzani, Eddie Cheever e Andrea De Cesaris[3][7]. Altre vetture vengono schierate da scuderie private tra cui il Jolly Club, Germano Nataloni, Lubrifilm Racing e GS Tuning[7]. La Lancia prende parte a sette delle quindici prove del Campionato ottenendo sei vittorie di Divisione: alla 24 Ore di Daytona vincono Finotto, Facetti e Pirro[26], alla 1000 km di Monza Nataloni e Ricci[27], alla 1000 km di Silverstone Gabbiani, Pianta e Schön[28], alla 1000 km del Nürburgring Ghinzani e Hans Heyer[29], alla 24 Ore di Le Mans Cheever, Alboreto e Facetti[30], alla 6 Ore di Watkins Glen Patrese e Alboreto che centrano anche l'unica vittoria assoluta della stagione[31]. Pur non disputando tutte le prove del Campionato la Lancia domina la sua Divisione e si aggiudica per la terza volta consecutiva il Titolo, e con gli stessi punti della Porsche ma con una vittoria di Divisione in più conquista il suo secondo Campionato mondiale assoluto[3][13]. Le Montecarlo private partecipano anche ai Campionati nazionali per vetture sport vincendo alcune gare[7].
Anni successivi
Anche a causa del nuovo regolamento, che estrometteva le "Gruppo 5" dal Mondiale del 1982 a favore delle Gruppo C la Lancia e il Martini Racing portano in gara la nuova LC1, un prototipo Gruppo 6 (che prendeva però solo punti per il mondiale piloti) che riprendeva il motore (posizionato tra i due assi in posizione centrale-longitudinale, anziché trasversale) della Beta Montecarlo, affidando le vecchie vetture alle squadre private come la Scuderia Vesuvio e Germano Nataloni, che ottengono solo qualche piazzamento, mentre il Toni Fischhaber centra la vittoria di classe in una gara non titolata[7]. Nel 1983 il Campionato del mondo endurance è riservato esclusivamente ai prototipi e la Montecarlo viene utilizzata solo in prove non titolate[32]. In una di queste gare, in Finlandia, il Campione del mondo in carica di Formula 1 Keke Rosberg riesce a centrare la vittoria assoluta[7].
Al Campidoglio Racing Slot Club l'ha schierata in pista Paolo Renzi con la livrea Giro d'Italia 1979
Racer Sideways Lancia Beta Montecarlo Turbo Gruppo 5 del Giro d'Italia 1979, # 576. Guidato da G. Villeneuve e W. Rohrl.
L’azienda francese presenta la sua ultima livrea per decorazione per la Lancia Beta del gruppo 5 che ha partecipato al Giro d’Italia nel 1979 pilotata da un trio d’eccezione: Gilles Villeneuve, Walther Rohrl e Christian Geistdörfer per la squadra ufficiale Lancia .
Il Giro Automobilistico d’Italia fa parte di quella storia un po’ dimenticata ma che risiede fortemente nel cuore degli appassionati. Era una gara automobilistica “sui generis”, in quanto le vetture dovevano compiere sia prove di velocità in pista (nei principali autodromi italiani) che vere e proprie “prove speciali” di stampo prettamente rallistico.
Per questa particolarità ciascun equipaggio si componeva da tre piloti di estrazione specifica: un “velocista”, che doveva gareggiare in circuito, e altre due (pilota e navigatore) che dovevano esibirsi nelle “prove speciali” rallistiche. Sideways rilascia questa replica in scala 1/32 dotata del nuovo banco motore EVO
Questa vettura viene fornita di serie con banchino angolare con motore a coppia elevata Flat 6 da 20.000 giri / min, asse posteriore temperato, ingranaggio cilindrico ad alte prestazioni con pignone in ottone sull'albero motore, ruote in alluminio con mozzo grande con viti di fissaggio nella parte posteriore, 1 magnete al neodimio, boccole in ottone per l'asse posteriore.
Grandi ruote con mozzo su questa vettura al posto delle piccole ruote con mozzo presenti su molte altre auto per aumentare ulteriormente l'accelerazione e la velocità massima.
Treccia da competizione stagnata argento.
La chiave a brugola per le ruote, l'ingranaggio e gli pneumatici in silicone extra sono inclusi sotto la base (per regolare l'asse anteriore, le ruote in alluminio e l'ingranaggio cilindrico).
Bianco con sponsorizzazioni Pirelli, Bilstein e Heuer.
Le auto sono molto dettagliate e ben rifinite.
Perfetta riproduzione della reale Lancia Beta Montecarlo Turbo Giro d'Italia 1979
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Modificato da - Maicol in data 03/12/2020 08:28:20 |
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Maicol
Tuttoslottista Legend
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Inserito il - 03/12/2020 : 09:22:08
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Chiudiamo questa prima parte della Lancia Beta Montecarlo con una piccola rassegna, che vi invito ad andare a reperirvi, giornalistica :
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